Pomigliano, nessuna fretta di licenziare

Il Lingotto: "Ci sono 45 giorni per esaminare le motivazioni della sentenza". La Fiom sulle barricate

La coincidenza dei dati sulle vendite di automobili, a ottobre in Italia, dà una mano a Fiat sul fronte della vertenza Pomigliano. Il risul­tato negativo (- 44% il calo generale delle immatricolazioni negli ulti­mi 5 anni) mostra come, nel Paese, il mercato sia ancora lontano dalla ripresa. E quindi, come sostiene Sergio Marchionne, gli impianti del gruppo sono costretti a girare, quando va bene, al minimo.
La vicenda del «travaso» di ope­rai (dentro 19 Fiom come da sen­tenza; fuori 19 tute bianche come deciso da Fiat) continua a tenere banco e,al riguardo,l’azienda sem­bra essere sempre più isolata. Gli avvocati del Lingotto, comunque, contano di depositare entro il me­se il ricorso alla Cassazione.
Ieri gli uffici di Marchionne han­no diramato una nota, la cui prima bozza, diffusa per errore, era piut­tosto aggressiva con la Fiom. «È im­portante ricordare - queste le frasi successivamente sparite - le dure prese di posizione e le pesanti di­chiarazioni con le quali i 19 ricor­renti hanno manifestato, fin dal­l’inizio, il loro giudizio negativo sul­l’operazione Nuova
Panda. Stupi­sce e induce qualche dubbio il fat­to che questi storici oppositori pre­tendano oggi il passaggio in Fip (Fabbrica Italia Pomigliano), utiliz­zando una sentenza che non tiene nella minima considerazione le conseguenze sull’iniziativa indu­striale, per la quale sono stati inve­stiti 800 milioni di euro e che oggi sta dando lavoro complessivamen­te a circa 3mila persone».
Un passaggio severo, come si ve­de, che è stato deciso di non inclu­dere nella versione ufficiale, ma che le agenzie avevano già messo in rete.Più«morbido»,invece,il do­cumento finale del Lingotto: «La procedura di mobilità- si legge nel testo ufficiale- ha un iter e dei tem­pi tecnici prestabiliti per consenti­re­ai soggetti preposti e alle organiz­zazioni sindacali di esaminarne le motivazioni» e dunque «nessuna iniziativa può essere avviata dal­l’azienda prima della conclusione della procedura, ovvero come mi­nimo 45 giorni dall’avvio, e cioè dal 31 ottobre scorso. Non vi è pertan­to alcuna urgenza». La nota ricor­da, inoltre,che«i 19 ricorrenti sono titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con Fiat
Group Automobiles, che non si è mai interrotto, e attualmente frui­sco­no come altri più di 1.000 dipen­denti del trattamento di cassa inte­grazione, oggetto dell’accordo sin­dacale firmato il 6 luglio 2011. Il rientro, con passaggio alla società Fip, è unicamente condizionato dalla domanda del mercato del­l’auto, attualmente molto al di sot­to delle previsioni».
Il comunicato non ha comun­que placato gli animi. «Siamo a no­ve mesi dalla scadenza della cig- os­serva Giovanni Sgambati (Uilm Campania)- e se le condizioni do­vessero restare queste, chiedere­mo a Fiat di rispettare l’accordo». «Questi 19 licenziamenti sono ille­gittimi e se dovessero arrivare co­munque con qualche formula, ci appelleremo all’articolo 18», l’av­vertimento del segretario naziona­le Fiom, Giorgio Airaudo.
All’interno del sindacato rosso, al di là delle dichirazioni di faccia­ta,
si starebbe cercando una via di uscita alla situazione. Lo si intuisce dalle affermazioni con cui lo stesso Airaudo ha plaudito all’intervento di Elsa Fornero, dicendosi «dispo­sto al confronto» nel caso il mini­stro decidesse in tal senso.
A Torino, comunque, la linea non sembra dover cambiare, visto che, tra le iniziative su Pomigliano prospettategli dopo la sentenza dei giudici di Roma, Marchionne avrebbe scelto proprio quella più dura. Con il Lingotto si schiera il presidente di Confindustria Pie­monte, Gianfranco Carbonato: «Non si è mai visto che una senten­za obblighi un’azienda che non ha
bisogno di per­sonal­e aggiunti­vo a fare altre as­sunzioni.
Que­sto è un inedito, una rottura ri­spetto alle con­suetudini, non soltanto italia­ne. Spero che la mossa di Fiat possa porre fi­ne allo scontro che dura ormai da troppo tem­po e che si inizi a ragionare me­no di cause in tribunale e più delle reali pro­spettive del­l’azienda e dei lavoratori».


La Fiom, in­tanto, nel mo­mento in cui i suoi 19 delegati rientreranno in fabbrica, «sarà te­nuta a rispettare le regole dell’ac­cordo aziendale anche senza aver­lo firmato; ecco allora spuntare una discriminazione verso chi si è assunto la responsabilità di salva­re l’impianto rispetto a chi ha fatto la finta vittima», afferma Gerardo Giannone, uno degli operai Fip fir­matari dell’intesa.

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