Economia

Con il premio per i "pentiti" l'Antitrust rischia l'autogol

La multa da 287 milioni sul cartone mette in ginocchio le pmi italiane a favore dei big che si sono autodenunciati

Con il premio per i "pentiti" l'Antitrust rischia l'autogol

La più grande inchiesta Antitrust mai svolta in Italia, con oltre 50 imprese coinvolte, di cui più di 30 sanzionate, si è chiusa un po' in sordina nel caldo dell'agosto scorso. L'esito è stata una maxi multa da 287 milioni a un gruppo di imprese produttrici di «cartone ondulato» per imballaggi, punite per aver fatto cartello e alzato i prezzi.

Dietro a questo risultato, apparentemente grandioso (che comunque attende ora l'esito dei ricorsi al Tar) c'è stata l'applicazione di un metodo di indagine destinato però a fare molto discutere: una sorta di pentitismo industriale che, se applicato ai casi di violazione della concorrenza, rischia di produrre effetti esattamente opposti a quelli desiderati.

Il meccanismo, inventato nei sistemi anglosassoni, è quello del leniency applicant: un «trattamento favorevole», viene concesso dall'Authority a chi, pentendosi, ammette la violazione e confessa nomi e circostanze utili a incastrare tutti gli altri aderenti all'accordo collusivo. Il metodo è particolarmente prezioso per un'autorità garante della concorrenza, perché l'attività di indagine sulle intese segrete è particolarmente complessa: le imprese ben si guardano da lasciare verbali, appunti, tracce di alcun tipo. Per cui il pentito diventa più che prezioso: diventa, in mancanza di prove, indispensabile. E il lavoro dell'autorità si trasforma improvvisamente in una passeggiata.

In questo caso a sporgere la denuncia, nell'ottobre 2016, è stata Acis, l'associazione dei produttori non integrati di scatole (sono quelli che comprano il cartone per fare gli imballaggi). Acis è nata dal divorzio con Gifco, l'associazione che riuniva anche i produttori integrati (che fanno anche il cartone), proprio per contrasti commerciali. Ma poco dopo, e prima che l'Antitrust iniziasse l'indagine, la multinazionale Ds Smith (5,7 miliardi di sterline di ricavi, con il 20% del mercato italiano) si presenta all'Antitrust per autodenunciarsi. Insieme alla Ds Smith si pentono anche gli altri grandi gruppi Ondulati Nord-Est, Idealkart e Gruppo Pro-Gest. Il risultato finale, per leniency applicant, è l'immunità totale per gruppo DS Smith e un beneficio per gli altri pentiti pari ad uno sconto del 40-50% della sanzione. In questo modo i big hanno risparmiato ben 180 milioni, mentre sul resto del settore, per lo più medi e piccoli produttori, è arrivata la stangata da 287 milioni.

L'effetto distorsivo del pentitismo antitrust è poi amplificato dal meccanismo delle sanzioni: queste sono calcolate pari ad almeno il 15% dei ricavi generati dall'intesa collusiva, moltiplicato per il numero degli anni di durata della partecipazione all'intesa. In ogni caso non oltre il 10% del fatturato annuale. Ebbene, nel caso del cartone, la multa ha raggiunto per tutti il massimo edittale. Ma è chiaro che il peso soggettivo di una tale sanzione per un grande gruppo è ben altra cosa rispetto a un piccolo produttore, che può rischiare di fallimento. Infatti per le multinazionali il limite è calcolato in relazione al fatturato italiano e non mondiale ed è perciò agevole assorbire la sanzione nel consolidato di gruppo. Mentre le piccole imprese italiane sane, quelle che poi distribuiscono valore e ricchezza sul territorio, nella difficoltà di fare fronte a sanzioni monstre rischiano di diventare target delle stesse multinazionali. Che paradossalmente saranno avvantaggiate nel rafforzare ancor più la loro posizione di mercato: un risultato finale esattamente opposto a quello che la denuncia dell'intesa collusiva voleva ottenere.

Per tutti questi motivi c'è da chiedersi se il pentitsmo industriale non rischi di diventare addirittura una tattica commerciale.

Perché vista dall'ottica di una multinazionale, un caso come questo del cartone ondulato può trasformarsi da rischio a ghiotta opportunità.

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