È fatta. O quasi. A un soffio dalla rottura definitiva e dopo estenuanti schermaglie dialettiche, la Grecia e i suoi creditori hanno raggiunto un'intesa nella tarda serata all'Eurogruppo. Appesi a un filo per buona parte del pomeriggio, i negoziati si sono improvvisamente sbloccati poco dopo le 19, quando il «si procede, si procede, si procede» twittato dal ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici, ha confermato la piega favorevole presa dalle trattative. Sul cui esito avrebbe avuto un ruolo decisivo il presidente della Bce, Mario Draghi, ricordando ai ministri che le banche elleniche stanno per finire l'ossigeno.
Tra i dettagli-chiave dell' agreement è compresa un'estensione di quattro mesi del programma di aiuti, due in meno rispetto a quanto aveva chiesto Atene. Il governo guidato da Alexis Tsipras dovrebbe quindi presentare già lunedì una prima lista di misure concrete, in particolare a contrasto della corruzione e dell'evasione fiscale, una riforma della Pubblica amministrazione e sostegni alle fasce più deboli. Il giorno dopo queste proposte saranno esaminate in una conference call dai rappresentanti dell'Eurozona, e solo in un secondo tempo saranno valutate dall'ex Troika, formata da Commissione Ue, Bce e Fmi. Le risorse del fondo salva-Stati Efsf rimarranno inoltre a disposizione per ricapitalizzare le banche.
A una prima lettura, si tratta di una soluzione che non sgombera il campo dal rischio che il dossier Grecia ritorni, forse presto, di stretta attualità. Molto dipenderà da ciò che Tsipras riuscirà a presentare in tempi così stretti. Da ciò che ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Joeroen Dijsselbloem, non ha molti margini di manovra: Atene si è infatti impegnata a «non ritirare» misure già concordate con i creditori e a «onorare tutti i debiti in maniera tempestiva». Pena la mancata erogazione dei nuovi aiuti. Atene ha però ottenuto che il surplus 2015 venga legato all'andamento del ciclo economico. «La Grecia oggi ha voltato pagina. Abbiano evitato misure recessive», il primo commento da Atene.
Per come si erano messe le cose ieri, l'epilogo è comunque un passo avanti. La giornata era infatti cominciata sotto i peggiori auspici, con il vertice che aveva preso le mosse con oltre tre ore di ritardo. Un pessimo segnale, a marcare forti distanze negoziali. A rendere ancora più elettrica l'atsmofera, il «giallo» sulla lettera inviata da Tsipras a Bruxelles che, secondo la Bild , sarebbe stata modificata dal ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, proprio nella parte cruciale sul rispetto delle condizioni concordate dal governo precedente. Il presunto correttore di ultima istanza si è limitato a replicare al giornale con un tweet: «Bisogna credere alle fandonie della Bild su noi greci a proprio rischio e pericolo».
Fino al pomeriggio, le possibilità di un'intesa erano ridotte al lumicino. Cadevano nel vuoto le parole di Matteo Renzi («il principio riforme in cambio di tempo è un principio giusto»); appariva in precario equilibrio Angela Merkel, con quell'affermare che «la Grecia deve restare nell'euro», ma che «servono significativi miglioramenti dell'accordo». Distanze che anche Atene pensava di non riuscire più a colmare.
Al punto che Tsipras si era rivolto al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, chiedendogli di convocare per domani un vertice dei capi di Stato e di governo dell'Ue. Poi, alla stretta finale, un'intesa è stata raggiunta. Reggerà?È l'ammontare, in miliardi di euro, dei prestiti concessi alla Grecia da Ue, Bce e Fondo monetario
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