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Le regole e il caso Uber

C'è una domanda che molti tassisti e noleggiatori di auto con conducente si pongono sempre più spesso

Le regole e il caso Uber

C'è una domanda che molti tassisti e noleggiatori di auto con conducente si pongono sempre più spesso: esiste davvero la volontà, da parte del ministero dei Trasporti, d'intervenire su una vicenda che da un lato rasenta il ridicolo, visto che nessuno sembra riesca a far rispettare le norme, e dall'altra sfiora il dramma, mettendo a repentaglio moltissimi posti di lavoro?

La vicenda ha un nome preciso, Uber. O meglio due, come i tipi di servizio che la società specializzata nelle prenotazioni di auto tramite telefonino propone: Uber Pop e Uber Black. Uber Pop permette a chiunque possieda patente e auto di trasformarsi in un «professionista». Con la "particolarità, stipulando contratti con autisti privi di licenza e autorizzazioni, di scaricare su questi ultimi le responsabilità di danni ed eventuali lesioni per i trasportati. Uber Black consente invece all'utente d'individuare la vettura disponibile più vicina.

Quando Uber sarà divenuta il riferimento della clientela, come avviene in tutte le posizioni dominanti, chi e come impedirà che possa fare ricorso a conducenti stranieri, che costano molto meno, tagliando anche la sicurezza? Oggi chi esercita l'attività di trasporto professionale deve possedere precisi requisiti. E questo non per determinare categorie protette, come afferma qualcuno del governo, ma per dare garanzie all'utente.

Il governo è convinto di fare una scelta giusta? Allora cambi le regole, abbia il coraggio di presentare al Parlamento le modifiche. In diversi Paesi governi e magistrati hanno dato certezze a un'attività che coinvolge i cittadini e la loro sicurezza: in Italia solo la magistratura l'ha fatto.

Il ministero tace e assiste passivamente.

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