Se l'azienda è "in famiglia" supera la public company

Ribaltato il mantra dell'azionariato diffuso, i gruppi con l'assetto stabile producono più ricavi e dividendi

Se l'azienda è "in famiglia" supera la public company

Contrordine, compagni. Altro che public company, sono le aziende familiari ad avere nel lungo periodo i risultati migliori su ricavi, margini e ritorno sugli investimenti. Grazie a quello che gli analisti del Credit Suisse in un dettagliato studio globale sulle performance di 1.000 aziende a conduzione familiare quotate in Borsa hanno chiamato il fattore Aplha. Una sorta di «x factor» che, secondo gli analisti della banca d'affari svizzera, consente con un «approccio conservativo e a più lungo termine» di affidarsi meno al finanziamento esterno del debito, diventando dunque meno dipendente dalle scadenze degli utili trimestrali. L'Italia viene dopo Francia, Germania e Svizzera come numero di aziende (27) a controllo familiare quotate in Borsa su un totale del Continente di 226. Nel nostro Paese sono 9 le aziende familiari, grandi colossi o realtà medio-piccole, che hanno mostrato negli anni redditività e crescita dei ricavi molto superiori ai loro concorrenti controllati non da famiglie. Dopo la multinazionale tascabile Amplifon, prima nella classifica nazionale delle imprese che hanno dato maggiori soddisfazioni ai loro azionisti (total shareholder return ovvero crescita in Borsa più dividendi), compare la farmaceutica Recordati seguita dalla Ima della famiglia Vacchi che produce macchinari per confezioni. Seguono Brembo, la piccola Datalogic che precede il gigante Fca al quale segue la Erg e quindi Intermpup. Chiude la Campari. Negli ultimi dieci anni gli «affari di famiglia» in Italia hanno registrato dei risultati migliori rispetto alle concorrenti: +36% contro un calo del listino di circa il 19%. E lo stesso trend positivo si è registrato in Europa, dove le aziende a conduzione familiare hanno guadagnato il 90% a cinque anni e il 149% in dieci.

Lo studio del Credit Suisse allarga l'obiettivo anche ai colossi come Walmart, Tesla e Samsung. Multinazionali, in cui però almeno il 20% delle azioni o dei diritti di voto è detenuto dai fondatori o dai loro discendenti. E che devono parte del loro successo, sottolineano gli analisti, al loro modo unico di fare le cose. Da L'Oreal a Missoni, hanno in genere una chiara attenzione alle strategie di lungo termine e sono generalmente impegnati a investire in ricerca e sviluppo per la crescita dall'interno. Non solo. Le società familiari «sono tipicamente meno dipendenti dai finanziamenti degli azionisti o delle banche», tendono ad adattarsi rapidamente e hanno obiettivi di crescita più realistici. Che si tratti di una famiglia di prima generazione o di una multinazionale di quinta generazione, il fattore «Alpha» ha contribuito a minimizzare il rischio, vincere la sfida con i concorrenti più volatili senza perdere per questo dinamicità.

Sebbene le imprese familiari con le migliori performance negli Stati Uniti valgano più delle loro controparti europee (con una capitalizzazione media di 11,5 miliardi di dollari rispetto ai 4,7 miliardi in Europa) e superino anche i concorrenti, il mercato è meno dinamico rispetto ad altri Paesi.

Come la Cina che domina il mercato asiatico non giapponese, con 149 aziende di famiglia, e l'India che si avvicina al secondo posto. La tecnologia rappresenta il 45% delle aziende cinesi e i finanziari rappresentano oltre il 30% del valore di mercato delle società a conduzione familiare in Indonesia, Malesia, Taiwan e Singapore.

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