La sfida di Monti: "La Tobin tax? Solo con lo scudo anti-spread"

Alla vigilia del Consiglio Ue, il premier esce allo scoperto: "Non chiediamo aiuti ma non vogliano pagare questi prezzi". Rajoy: "Con tassi simili per noi è la fine"

La sfida di Monti: "La Tobin tax? Solo con lo scudo anti-spread"

Chissà se Angela Merkel conosce la locuzione latina do ut des. Dare per ricevere, un mutuo scambio. Per esempio, tanto per essere chiari: sì alla Tobin tax, a patto di mettere in piedi un meccanismo scaccia-spread. A poche ore dal vertice Ue di oggi a Bruxelles in cui i leader europei devono provare a ricomporre il cubo di Rubik della crisi, Mario Monti esce allo scoperto mandando un segnale forte e chiaro alla Cancelliera di ferro. Giusto per far capire che su questo punto l’Italia non intende mollare la presa, che siamo disposti ad appoggiare una cooperazione rafforzata sulla tassazione delle transazioni finanziarie, ma a condizione che questa si accompagni a una maggiore cooperazione anche riguardo alla «politica finanziaria di gestione del mercato dei titoli sovrani».
Parole inequivocabili, le prime dette da Monti ieri sera subito dopo essere atterrato nella capitale belga alla vigilia di un summit delicatissimo, mai in passato caricato di aspettative così forti, forse eccessive. Poi Monti spiega quello che potrebbe suonare come una specie di diktat: «Meno di un anno fa Silvio Berlusconi decise di dare prova di ambizione e buona volontà impegnandosi per il pareggio di bilancio nel 2013 e noi abbiamo deciso di mantenere l’impegno: l’anno prossimo avremo un surplus strutturale». È strano, aggiunge, che un Paese così «virtuoso» non chieda «programmi di aiuti, che pure ci sono stati offerti, ma di migliorare un meccanismo di governance per non dover pagare sul mercato uno spread che è 470 punti sopra i Bund tedeschi, senza violare i principi di indipendenza della Bce».
Italia e Spagna, con quest’ultima e Cipro che hanno ottenuto ieri l’ok dell’Eurogruppo alla richiesta di aiuti, si presentano al summit piegate dal peso degli spread e da quelle cambiali sempre più onerose che sono i titoli di Stato. Per Madrid, il fardello è ormai insostenibile: «A questi tassi non andiamo avanti a lungo» è stato l’allarme lanciato dal premier, Mariano Rajoy. Oltre al presidente francese, François Hollande, Mario Monti troverà dunque nel leader iberico un’altra sponda per dar forza alla sua proposta di stabilizzare i differenziali di rendimento attraverso il fondo salva-Stati Esm. È un’idea che piace anche all’Ocse. Rafforzata però, in una specie di versione 2.0, dalla chiamata alle armi anche di Bce e Bei. In modo da trasformare la “tachipirina“ (nella definizione tranchant del commissario Ue, Olli Rehn) in un farmaco a largo spettro capace di debellare il virus della speculazione.
Monti ha coagulato un certo consenso attorno a sè. Ma potrebbe non bastare. Riscontri su una non meglio precisata apertura della Germania, non ci sono. Sull’argomento la Merkel tace, sempre più calata nel ruolo di pasionaria anti-Eurobond. «Considero gli Eurobond sbagliati e controproducenti sul piano economico. Contesto l’idea della mutualizzazione del debito», ha detto ieri tra gli applausi a scena aperta del Bundestag. Tifo da stadio, ideale antipasto della sfida Italia-Germania di stasera. Non solo a Varsavia. È vero che la Cancelliera ha anche rivolto parole di miele al premier italiano, ricordando che «l’Italia ha imboccato con Mario Monti la strada verso finanze solide, occupazione e crescita». Ma è proprio sulle manovre e sulle riforme fatte che il Professore farà leva per non tornare a casa a mani vuote. Anche a costo di affondare la Tobin tax.
Monti sa bene che il solo pacchetto per la crescita da 130 miliardi darebbe un pessimo segnale a mercati che ieri hanno mostrato una calma solo apparente. Non deve ingannare il rimbalzo di Piazza Affari (+2,6%), nè il recupero delle altre Borse, o il lieve calo dello spread Btp-Bund (a quota 464) e lo stallo dei Bonos (a 536, ma il 7% dei decennali resta da infarto contabile). Se non proprio un coniglio miracoloso, qualcosa dal cilindro andrà tirato fuori. Almeno il progetto di unione bancaria, il più concreto e realizzabile nel breve-medio termine.

È quello che affida alla Bce i compiti di vigilanza (manca però l’unanimità), che punta al fondo unico di garanzia sui depositi e sul meccanismo di liquidazione degli istituti e, soprattutto, sulla possibilità di finanziamento diretto agli istituti di credito in difficoltà grazie alla stampella dell’Esm. Su questo punto, Rehn ha però frenato: «Prima occorre una supervisione bancaria a livello europeo».

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