
I negoziati russo-ucraini al via oggi a Istanbul non partivano sotto i migliori auspici. Ora però rischiano di naufragare definitivamente. A comprometterli ulteriormente contribuiscono gli spettacolari attacchi ad almeno quattro importantissime basi aeree russe. Attacchi messi a segno ieri da stormi di droni ucraini che hanno distrutto un numero imprecisato di velivoli dell'aviazione strategica russa - tra cui i costosissimi aerei radar A-50 e vari bombardieri Tu-95 e Tu-22 M3. Stando alle informazioni diffuse dalla Sbu - l'intelligence militare ucraina - l'«operazione speciale Spiderweb» avrebbe consentito la «distruzione di 41 aerei» con «perdite complessive per oltre 2 miliardi di dollari». Un colpo durissimo arrivato a poche ore dagli attentati a tre treni civili russi costati la vita ad almeno sette persone. Ieri serata la telefonata tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato Usa Marco Rubio sulla situazione in Ucraina.
Gli attacchi hanno messo a dura prova la credibilità dell'apparato militare russo. Anche perché - come sottolineano su Telegram il sito Rybar e molti blogger - i bombardieri strategici non erano custoditi dentro hangar protetti. Un errore imperdonabile già commesso nell'estate 2023 quando venne attaccato l'aeroporto di Soltsy, nella regione di Novgorod. Un errore a cui in questi due anni non è stato posto rimedio. E il peggio forse deve ancora arrivare. A Mosca pochi credono alla responsabilità esclusiva della Sbu, il servizio segreto ucraino che ha rivendicato l'operazione contro gli aeroporti militari di Belaya, Diaghilev, Olenya e Ivanovo. Molti, invece, puntano il dito contro la Gran Bretagna o le nazioni europee legate al cosiddetto asse dei «Volenterosi». Un sospetto che potrebbe spingere il Cremlino a mettere nel mirino obbiettivi europei o della Nato. Per capire perché l'attacco firmato Sbu sia particolarmente serio e, in prospettiva, pericoloso bisogna partire dalle modalità degli attacchi e dall'elenco delle basi colpite. Le modalità - uguali per tutti gli attacchi - ricordano un film d'azione. Come testimoniano alcuni filmati girati con i telefoni, tutto inizia con l'apertura automatica dei container di legno allineati sul cassoni di un camion e il rilascio dei velivoli a guida remota. Sorprendente è però la distanza a cui è viene gestita l'operazione. La base di Belaya si trova nell'oblast di Irkutsk in piena Siberia nord-orientale a circa 4.300 chilometri dall'Ucraina. E Murmansk è ad oltre 3.400 chilometri da Kiev. Anche per questo ci si chiede come l'intelligence ucraina abbia potuto guidare i droni sull'obiettivo senza disporre di satelliti per il controllo del volo a distanza. Ancor più clamorosi sono gli attacchi alla base marittima di Severomorsk e a quella aerea di Olenya situate all'interno di una regione di Murmansk considerata fondamentale per il controllo delle rotte dell'Artico e delle risorse energetiche celate nei suoi fondali. Un controllo esercitato attraverso la Flotta del Nord, attraccata nella città chiusa di Severomorsk, e quei bombardieri della base di Olenya usati da mesi per bersagliare a colpi di missili le città ucraine.
Ma a Mosca ci si chiede anche come quei camion e quei droni abbiano potuto attraversare territori super controllati e restar parcheggiati il tempo necessari a consentire l'esfiltrazione degli agenti ucraini che li avevano portati fin lì. Non una semplice operazione in territorio nemico, ma un'autentica e costosa beffa. Una beffa che il Cremlino non può pensare di lasciare impunita.