«Stop agli aumenti a pioggia e possiamo tornare al tavolo»

Il leader Federmeccanica: «Non capiamo lo sciopero di oggi Il contratto serve per dare regole e garanzie, il resto è aziendale»

Antonio Signorini

Roma Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica tende la mano al sindacato. Nel giorno dello sciopero generale di quattro ore indetto da Fiom, Fim e Uilm, assicura che le imprese sono pronte al confronto. Ma questo non cambia il fatto che il Paese e il settore si trovino di fronte a un «cambiamento epocale». Un'era è finita e la federazione delle imprese metalmeccaniche di Confindustria resta ancorata alla sua proposta. I contratti sono destinati a cambiare. Fine degli aumenti a pioggia, si alla produttività. Automatismi ridotti al minimo indispensabile, in cambio di premi di risultato e più welfare, «moneta pesante» che avvantaggia in primo luogo i lavoratori

È ancora possibile fare ripartire il confronto con i sindacati?

«Margini di trattativa ci sono sempre. Noi ripetiamo in ogni circostanza che siamo pronti a confrontarci e a cercare soluzioni per arrivare al rinnovamento del contratto».

Termine che lei preferisce al semplice rinnovo del contratto. Perché?

«Perché il contesto nel quale operano le imprese è cambiato profondamente, servono nuove regole per consentire alla contrattazione di dare risposte ai problemi di chi lavora e fa impresa».

In sintesi, quale è la vostra proposta?

«Il contratto nazionale deve regolamentare, garantire e tutelare. Quando parliamo di garanzia significa che il contratto nazionale deve fissare i minimi di garanzia. Al di sotto di questi si incrementa il salario, sopra no».

E le tutele?

«Uno dei capisaldi del contratto deve essere il welfare. Sanità integrativa e previdenza complementare per le quali prevediamo un ampliamento del contributo delle imprese e l'estensione della tutela anche ai familiari per l'assistenza sanitaria integrativa. Altro caposaldo è la formazione. Il riconoscimento del diritto soggettivo dei lavoratori che si traduce in 24 ore di formazione nel triennio. Una necessità in un mondo in cui le competenze diventano velocemente obsolete. Una garanzia per la occupabilità dei lavoratori».

I sindacati dicono che il livello minimo di garanzia che avete individuato è insufficiente.

«Noi restiamo fortemente ancorati alla nostra proposta, diciamo di spostare il baricentro degli incrementi salariali dal contratto nazionale al contratto aziendale. I prezzi industriali sono negativi, il costo della vita non aumenta, inutile pensare oggi a un sistema contrattuale che diventa la sommatoria di incrementi salariali. Va favorita la produttività perché, la ricchezza deve essere prima creata e poi redistribuita».

Il settore ha perso molto?

«Tra il 2007 e il 2014 la produzione metalmeccanica è diminuita di circa il 30%, si sono persi di 252.000 posti di lavoro. Non comprendiamo lo sciopero proprio perché in una fase come questa non possiamo disperdere le poche risorse disponibili, bisogna semmai cercare insieme una soluzione efficace per consentire alle imprese di tornare a creare ricchezza».

Le misure del governo sono sufficienti?

«Nella legge

di stabilità c'è la defiscalizzazione del salario aziendale e del welfare che vanno nella stessa direzione nella quale ci muoviamo noi. Auspichiamo che il governo valuti anche la decontribuzione dei salari di risultato».

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