Svizzera, mossa kamikaze sul franco

La Banca nazionale non difende più il cambio: la moneta sale del 25% sull'euro e fa crollare Zurigo (-8,7%)

Svizzera, mossa kamikaze sul franco

Come un tappo che salta all'improvviso: è questo l'effetto della decisione, presa ieri a sorpresa, con cui la Banca nazionale svizzera ha deciso di rimuovere il tetto minimo fissato a 1,20 sull'euro. Libera da ogni catena valutaria, la moneta elvetica ha subìto mostrato i muscoli, mentre di riflesso la Borsa di Zurigo si è avvitata in una spirale al ribasso di stampo moscovita, fino a sfiorare un calo del 12%. Uno stridio da gessetto sulla lavagna, se paragonato ai robusti rialzi di tutti gli altri mercati europei, che dalla mossa rosso-crociata hanno tratto la convinzione che il quantitative easing della Bce è ormai cosa fatta.

Non capita tutti i giorni di assistere in una manciata di minuti all'apprezzamento ipertrofico di una moneta, un 30% in più del franco rispetto all'euro (a quota 0,8052) e un 25% di guadagno sul dollaro (a 0,89). È il segno del caos che si è scatenato non appena è rimbalzata la notizia della bandiera bianca alzata dall'istituto zurighese. Un'autentica doccia fredda, nemmeno un po' stemperata dal taglio di mezzo punto del tasso di sconto a (-0,75%). C'è chi si è sentito tradito, dopo che, non più tardi di un mese fa, la Banca nazionale svizzera aveva detto di voler difendere con «la massima determinazione» il tetto sui cambi. Circa quattro anni dopo viene invece rottamato, in tutta urgenza, il meccanismo adottato per fare da scudo all'export e fermare la supervalutazione del franco, porto sicuro durante la tempesta della crisi finanziaria. Una fretta dettata dal panico? «Niente panico: era ormai inutile mantenere il tetto - si è difeso il presidente dell'istituto centrale, Thomas Jordan -. Abbiamo concluso che è meglio uscire ora che tra 6 o 12 mesi quando il quadro potrebbe essere più difficile ovunque».

È verosimile che l'indebolimento dell'euro abbia concorso ad accelerare una scelta che i mercati hanno anche interpretato come la conferma che, la prossima settimana, la Bce non solo imbraccerà il bazooka, ma che l'ammontare delle misure anti-deflazione e pro crescita di Draghi sarà superiore a 500 miliardi. Solo così è possibile spiegare i progressi superiori al 2% realizzati a Piazza Affari (+2,36%), come a Francoforte (+2,20%) e Parigi (+2,37%), da mettere a confronto con il crollo finale dell'8,67% di Zurigo, il peggiore degli ultimi 25 anni. Se la numero uno del Fondo monetario internazionale, Christine Largarde, si è detta «un po' sorpresa» dalla mossa della banca svizzera, le autorità elvetiche sono state di sicuro colte in contropiede da una reazione tanto violenta che ha scatenato la risposta altrettanto dura da parte delle aziende elvetiche, nonostante il franco abbia poi risalito la corrente dai minimi (fixing quasi sulla parità con l'euro e a 0,90 sul dollaro).

Calcolatrice alla mano, Ubs ha del resto già stabilito che l'abolizione del plafond valutario costerà alla Federazione una frenata del Pil pari allo 0,7% e cinque miliardi in meno di esportazioni. Sono infatti i gruppi più vocati all'export ad aver subito picchiato i pugni sul tavolo. «È uno tsunami per l'industria dell'export e per il turismo e infine per l'intero Paese», ha detto senza mezzi termini l'ad di Swatch, Nick Hayek, reduce da una giornata nerissima in Borsa (-16% i titoli del gruppo di orologi).

«Decisione catastrofica», gli ha fatto eco Swissmechanic, l'organizzazione che raggruppa circa 1.400 aziende meccaniche che danno lavoro a oltre 70mila dipendenti. Insomma: il danno è fatto. Anche per gli iper-efficienti svizzeri, non sarà facile metterci una pezza.

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