Telecom, Elliott al 5% contro Vivendi

Il fondo Usa punta a sostituire parte dl cda nominato dai francesi. E il titolo vola (+6%)

Telecom, Elliott al 5% contro Vivendi

Non c'è pace per Telecom. Ieri, nel giorno del cda sui conti e sullo scorporo della rete, è circolata la notizia che il fondo Elliott di Paul Singer sta cercando di accumulare una partecipazione consistente in Telecom per contrastare Vivendi nella guida della società. Il risultato è stato un deciso rialzo del titolo Telecom del 5,9%. In un comunicato Eliott ha specificato che, ad oggi la posizione in azioni ordinarie e di risparmio è tale da non superare le soglie che impongono la divulgazione ai sensi delle leggi italiane.

Insomma Eliott non avrebbe ancora raggiunto il 5% ma potrebbe tranquillamente arrivarci per il 24 aprile, giorno di convocazione dell'assemblea Telecom, dove Eliott, che nel comunicato ha detto di aver studiato attentamente il dossier, punterebbe a far eleggere suoi consiglieri per impostare nuove strategie. Secondo il fondo statunitense, che ha asset per 34 miliardi di dollari e che ha anche finanziato con 300 milioni gli acquirenti cinesi del Milan, la governance di Tim andrebbe migliorata sostituendo alcuni membri del cda con nuovi amministratori «completamente indipendenti e altamente qualificati». Elliot comunque, secondo il comunicato, «non sta cercando e non cercherà di prendere il controllo del gruppo di tlc». Insomma la mossa servirebbe per coalizzare, contro Vivendi azionista di maggioranza di Telecom con il 23,9%, tutti gli azionisti scontenti, ossia i fondi che detengono circa il 40% che hanno espresso 5 consiglieri (su 15, gli altri 10 sono dei francesi) che sono stati, negli ultimi tempi, spesso in disaccordo, in cda, con le decisioni imposte da Vivendi.

Non ieri però. La decisione che da il via al processo di scorporo della rete è passato infatti all'unanimità. L'operazione, che mira a valorizzare al massimo l'asset, prevede la creazione di una società separata con un consiglio composta da 7 membri di cui uno di Agcom. La nuova società conterrà, oltre all'ultimo miglio della rete in rame e in fibra, anche le centrali e i cabinet di rete. Il tutto sarà fatto in collaborazione con l'Agcom e nel rispetto delle regole del Golden Power. In cambio Telecom chiederà «una evoluzione dello scenario regolamentare», che in pratica significa avere maggior libertà su prezzi e tariffe.

«Si tratta di un progetto volontario di scorporo - ha detto l'ad Amos Genish- che garantirà maggiore efficienza e una parità di accesso a tutti gli operatori interessati». Quanto al piano industriale triennale 2018-2020 Tim prevede investimenti per 9 miliardi e il possibile ritorno al dividendo per le azioni ordinarie proprio al 2020 dato che in tre anni prevede di triplicare il cash flow della società che oggi è di 1,8 miliardi. I conti 2017 erano in parte noti con i ricavi a 19,8 miliardi (+4,2%) grazie alla crescita degli abbonati e della vendita di servizi a banda ultralarga. Utile a 1,1 miliardi, in calo a causa di oneri non ricorrenti, mentre il dividendo per le risparmio sarà di 2,75 cent. Tim dichiara che la copertura in fibra è al 77% della popolazione e le case interamente cablate sono 2 milioni. Mentre la rete mobile in 4G raggiunge il 98% degli italiani.

Il piano

strategico, battezzato Digitim, prevede la digitalizzazione di tutti i processi core, la chiusura di circa 6mila centrali e il prepensionamento di 4mila dipendenti. Mentre Inwit e Sparkle restano nel perimetro della società.

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