Il Tesoro non vuole Mps

Il Tesoro non vuole Mps

Il Tesoro non ha «alcun interesse» ad un'ipotesi di nazionalizzazione di Mps. È quanto ha riferito ieri un portavoce del ministero, ribadendo l'auspicio che venga presto portato a termine l'aumento di capitale così come deciso dall'assemblea dall'istituto. Una dichiarazione, quella proveniente da Fabrizio Saccomanni, che chiarifica solo in parte lo scenario.
Se, da un lato, Via XX Settembre sottolinea che alla conversione dei 4 miliardi di Monti-bond in capitale non vuole pensarci perché quel denaro va restituito ai contribuenti, dall'altro non esplicita la cogenza della ricapitalizzazione ma si rimette alle decisioni assembleari. senza perciò appoggiare in maniera concreta la tempistica che era stata messa a punto da Profumo e Viola.
Oggi toccherà a Piazza Affari accoglierà il rinvio dell'aumento da 3 miliardi. Secondo i broker più esperti, «il titolo dovrebbe avere difficoltà ad aprire per l'eccesso di ribasso», come testimoniato dal calo del 2% a 0,173 euro di venerdì . Questa ipotesi è surrogata dall'analisi tecnica. Il trend di Mps è negativo: la probabilità di una flessione a 0,1689 euro è del 43 per cento. Gli obiettivi successivi sono a 0,16 euro (-7,5% su venerdì) e a 0,1425 (-17,6%). Il titolo, però, è stato vittima delle vendite allo scoperto. Qualche acquisto per coprire quelle posizioni aperte potrebbe evitare la caduta.
«Il mercato sconta come quasi sicura la nazionalizzazione - ci racconta un esperto - e quindi Mps ha smesso di seguire i fondamentali». Che non sono brillanti a causa degli interessi sui Monti-bond che appesantiscono la redditività. L'intransigenza della Fondazione assume così una luce diversa.
L'ultimo asso nella manica può cambiare la partita? «Se a metà gennaio il cda di Mps, avvalendosi del parere del professor Marchetti sul conflitto di interessi della Fondazione, impugnasse la delibera dell'assemblea, sarà un Tribunale a decidere sulla sospensiva», spiega un avvocato esperto di finanza. Il problema, aggiunge, è che «la sospensiva non implica automaticamente l'aumento per il quale occorre un'altra assise».


È probabile, però, che «l'eccezionalità di un pronunciamento del giudice convinca i soci della necessità di ricapitalizzare e in 30 giorni una nuova assise potrebbe dar ragione a Profumo». La soluzione più veloce? «Se Bankitalia commissariasse Mps, si potrebbe deliberare l'aumento, ma sarebbe una scelta delicata e “politica“», conclude.

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