Tim, Recchi pronto al passo indietro

Addio a deleghe e vicepresidenza. Vivendi in guerra ricorre contro il «Golden Power»

Tim, Recchi pronto al passo indietro

Maddalena Camera

Il vicepresidente di Telecom Giuseppe Recchi è in procinto di lasciare la carica e le sue deleghe. Mentre il cda della società, riunito ieri, decide il ricorso contro il Golden Power. Ossia quella serie di obblighi imposti dal governo a Telecom con l'esercizio dei poteri speciali che vuol dire, per il primo azionista Vivendi, perdere presa sul gruppo. Vivendi con il Golden Power si troverebbe nella condizione, se decidesse di uscire da Telecom, di non poter vendere la sua partecipazione (23,9%) se non a qualcuno gradito al governo.

I paletti fissati dal Consiglio dei ministri di ottobre, che aveva esercitato il Golden Power sul gruppo, prevedevano tra le altre cose che Tim si dotasse di una «organizzazione di sicurezza» con proprio personale, risorse umane e finanziarie e piena autonomia, con un direttore «scelto da una terna di nominativi proposti» dal Dis, l'organismo di coordinamento dei servizi segreti. Il direttore avrebbe dovuto essere proprio il vicepresidente Recchi, che però è pronto a declinare l'offerta e a rimettere le sue deleghe (su sicurezza e sulle delicate società Sparkle e Telsy) . Le voci dicono che Recchi andrebbe a ricoprire un nuovo incarico in un gruppo di private equity, pur restando consigliere di Tim. Del resto è da tempo che Recchi, il più autorevole manager italiano nel gruppo controllato dai francesi, è tenuto ai margini della vita societaria. Ed evidentemente ha deciso di accettare altre avventure.

Certo tutto dipende dall'atteggiamento di Vivendi e del suo patron Vincent Bollorè che proprio ieri ha ricevuto accuse di esercitare pressioni sulla stampa da parte di giornalisti e media francesi tra cui l'Afp, Les Echos, Le Monde e Liberation. Il documento contro Bollorè è stato pubblicato nel giorno dell'apertura di un processo che oppone tre giornali (Mediapart, L'Obs, Le Point) e due Ong (Sherpa et ReAct) alla holding lussemburghese Socfin, che è proprietaria di piantagioni in Africa e in Asia e di cui il gruppo del finanziere bretone detiene oltre il 38% del capitale, che li accusa di diffamazione. Bollorè dunque non ama il confronto né con i giornalisti né con i suoi manager. Ed è proprio di questi giorni la voce, smentita, di dissidi con l'ad del gruppo, Amos Genish. E dunque, al momento secondo Mediobanca, Genish non lascerà. Il ricorso sul Golden Power, secondo indiscrezioni, non è però contro il governo, bensì una mossa per evitare la possibile sanzione per notifica tardiva sul controllo di fatto della società da parte dei francesi. Tecnicamente il ricorso è presentato al Capo dello Stato e non al Tar per decorrenza dei termini di legge.

Il ritardo è anche conseguenza dello stallo della trattativa tentata da Vivendi per sventare la maxi-causa promossa da Mediaset dopo il dietrofront sull'acquisto della pay tv Premium.

Il gruppo di Vincent Bollorè pensava infatti di chiudere la questione, offrendo al Biscione l'entrata nella joint venture (tra Tim e Vivendi) e l'acquisto di contenuti da parte di Telecom.

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