La Tobin Tax? Più che inutile è dannosa

Le transazioni speculative si sposterebbero altrove e a essere penalizzato sarebbe solo il risparmio

La Tobin Tax? Più che inutile è dannosa
Le cattive idee davvero non muoiono mai. E una di es­se ci perseguita da più di un secolo. Si chiama tassa sulle transazioni finanziarie. Pratica­mente tutti la attribuiscono al No­bel per l’economia, Tobin. Questa tas­sa è tra le più assurde che ci si possa immaginare. Tanto per servire l’antipasto diciamo subito che il suo massimo successo equivale al­la sua morte. La Tobin tax, ideona che hanno spolverato i quattro del­l’Ave Maria nel vertice di Roma, è infatti un’imposta etica. Essa vie­ne per lo più propagandata e pro­posta per colpire l’orribile specula­zione, i banchieri che la alimenta­no, e i commercianti finanziari che ne godono. È una sorta di tassa sulla prostituzione finanziaria. Be­ne. Anzi male. Essa si applichereb­be ( le formule come le fantasie ero­tiche sono molteplici) a tutte le transazioni finanziarie: allo 0,1 per cento su azioni e obbligazioni e allo 0,001 sui derivati, secondo al­cune vecchie proposte europee. Dicevamo che è un’imposta suici­da. Il suo massimo successo, de­bellare l’orribile speculazione, ne ucciderebbe il gettito. Trovate un’imposta simile, e vincerete un premio: mica si tassano i consumi e i redditi per farli sparire.

Oltre a questa contraddizione metodologica (è imposta finanzia­ria o regola morale?), essa è del tut­to inutile. È da almeno cento anni che lo sappiamo. Allafinedel ’900 gli americani si inventarono una tassa sulla compravendita del­l’oro, per bloccarne la speculazio­ne: il prezzo del metallo andò alle stelle. La Francia a inizio secolo introdusse il droit de transmission : le società scapparono dal suo mer­cato borsistico. Gli esempi posso­no continuare, ma la sostanza re­sta. Vediamola.

1. Pensare di tassare la finanza in un’area geografica definita è irrazionale. Le transazioni si spo­sterebbero verso quelle piazze fi­nanziariecheavrebberotuttoilvan­taggio di fare concorrenza fiscale. Londra ha già detto (da quelle parti oggi si fa il 36 per cento del mercato all’ingrosso) di non pensarci un istante alla tassa. Come spesso av­vieneinquesticasi, l’effettoparados­sale di una Tobin tax continentale sarebbe quello di pizzicare solo i pa­trimonipiùsottili, cheavrebberoini­zialmente maggiori costi di transa­zione nell’andare in piazze fiscal­mentealoropiùconvenienti. Datas­sasuiricchispeculatoriassumereb­be i contorni di imposta sul rispar­mio dei più poveri.

2. L’alternativa, oggi meno probabile per la diffusione della tecnologia, sarebbe parados­sale. Lo Stato di New York nel 1905 introdusse una piccola tassa sulle transazioni azionarie. I trader nel giro di un anno decuplicarono le loro operazioni finanziarie. Il mo­tivo era semplice: per mantenere il livello di commissioni dovettero aumentare i volumi speculati. Si ottenne il risultato opposto a quel­lo per cui era stata pensata la tas­sa.

Dubito che ciò avverrebbe og­gi, sarebbe più semplice andare a fare affari dove costa meno.

Ma perché i politici di mezzo mondo insistono allora su que­sta tassa per loro miracolosa, ma concretamente assurda? Non so­no pazzi, sono furbi. L’indice di popolarità della Tobin tax è direttamente proporzionale alla crisi della politica. È il modo migliore per attribuire ad altri colpe pro­prie. Gli altri sono sempre gli spe­culatori, i banchieri, i trader e bag­gianate del genere. Non che non abbiano le loro colpe. Ma le rego­le le fa la politica. E l’introduzio­ne di una t­assa che li vada a colpi­re è il modo più semplice per indi­viduare un nemico, colpirlo e la­varsi così la propria cattiva coscienza. L’America di Obama ha accarezzato la Tobin tax quando i ragazzi di Occupy si presentava­no, oltre che al lussuoso Bowery hotel, anche a Wall Street. E l’Eu­ropa la rispolvera quando è costretta a salvare se stessa e le ban­che. Un’ultima modesta obiezio­ne. Come pensate si possano di­stinguere le transazioni fatte dal vostro fondo comune di investi­mento o dal vostro gestore da quelle di Gordon Gekko?

Semplice, non si distinguono: tassate entrambe.

Quando quat­tro politici si mettono intorno a un tavolo e pensano che l’unica soluzione ai nostri problemi sia un po’ di spesa pubblica in più e una tas­sa nuova, è il momento di preoccu­parsi: non hanno un’idea in croce.

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