Non ha perso tempo, Shinzo Abe. Forte della larga maggioranza ottenuta con le elezioni anticipate dello scorso 14 dicembre, il premier giapponese, ora al terzo mandato, ha annunciato ieri l'ennesimo piano di stimolo per l'economia da cui si attende un contributo al Pil attorno allo 0,7%. Il pacchetto, che dovrà essere approvato all'inizio di gennaio, ammonta a 3.500 miliardi di yen, pari a 24 miliardi di euro, e prevede interventi per 1.200 miliardi per sostenere le piccole e medie imprese oltre a misure di stimolo della spesa privata mentre 600 miliardi saranno destinati alle comunità locali e a quelle colpite dallo spopolamento dei villaggi. I restanti 1.700 miliardi saranno spesi per la prevenzione delle catastrofi e la ripresa nelle regioni del Nord-Est del Giappone, colpite dal terremoto e dallo tsunami del marzo 2011.
È l'ennesima carta che il padre del più grande allentamento monetario della storia prova a giocare per rilanciare un'economia che nel terzo trimestre ha accusato una contrazione dello 0,4% (-1,6% su base annua) dopo la battuta d'arresto dell'1,9% subita nel secondo. La decisione di inasprire l'aliquota sull'Iva (dal 5 all'8%) ha lasciato il segno sulla propensione agli acquisti dei giapponesi, costringendo il governo a rinviare al 2017 l'ulteriore aumento (al 10%) previsto. «Con la veloce applicazione di queste misure, credo che potremo alimentare i consumi e risollevare l'economia delle province ed espandere il ciclo di crescita a tutte le regioni del Paese», ha spiegato Abe durante un incontro avvenuto ieri con i deputati del suo partito.
Le misure drastiche finora varate non hanno prodotto i risultati sperati, nonostante l'allargamento nel novembre scorso del piano di acquisti di titoli pubblici da 60-70mila miliardi di yen a 80mila miliardi strappato alla Bank of Japan (BoJ) con cinque voti del board a favore e quattro contrari, tra cui quello del presidente, Haruhiko Kuroda. Un fatto mai accaduto che ha fatto scricchiolare la granitica coesione nipponica, segnalando tutti i rischi di una monetarizzazione del colossale debito, pari al 240% del Pil. Ciò non sembra tuttavia spaventare Abe. Anzi. Lo scorso novembre il primo ministro ha messo in campo anche la straordinaria potenza di fuoco (1.100 miliardi di dollari) di cui dispone il Gpif, il colossale fondo pensione giapponese. La prudenziale politica di asset investment del Gpif è stata sostanzialmente ribaltata a favore di uno spostamento dell'asse sull'azionario, destinato a pesare per il 50% sull'intera massa amministrata.
Visto il fiume di denaro iniettato nel sistema, appare evidente che i 24 miliardi di euro stanziati ieri sono l'equivalente di una manovrina, una delle ultime cartucce che il Giappone prova a sparare per evitare di finire sul binario morto.
Ma più che su Tokio, gli occhi dei mercati saranno puntati domani sul terzo turno delle presidenziali in Grecia. Un'altra fumata nera porterebbe il Paese al voto anticipato, con la probabile affermazione di Syriza, il partito della sinistra radicale che intende rinegoziare i termini del salvataggio.
Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaueble, ha già lanciato ieri il suo monito: «Qualsiasi nuovo governo deve rispettare gli accordi contrattuali presi dai suoi predecessori» con l'Unione Europea, la Bce e il Fondo monetario internazionale. Schaeuble ha riconosciuto gli «enormi passi in avanti» fatti dalla Grecia dal 2009, ma se il Paese «seguirà un percorso diverso, ci saranno difficoltà».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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