Unipol, ora i pm guardano alla Consob

I dubbi del procuratore milanese Orsi sulle fughe di notizie e sui contrasti interni alla Commissione

Unipol, ora i pm guardano alla Consob

Milano - Che ruolo ha giocato la Consob? Questa è la domanda che il pm milanese Luigi Orsi ha iniziato a farsi già nell'agosto di due anni fa, a causa di una singolare fuga di notizie, quando l'indagine su Fonsai era ancora alle prime battute. Sin dall'estate del 2012, Orsi ha avuto il sospetto che l'organo di vigilanza interpretasse il suo ruolo in modo un po' anomalo. E adesso cerca risposte ai suoi dubbi nelle decine di computer che la Guardia di finanza si è portata via giovedì scorso, quando è andata a perquisire Unipol e Consob, portando così allo scoperto l'inchiesta per aggiotaggio in corso a carico di Carlo Cimbri, numero uno di UnipolSai, e di altri tre manager a lui vicini, perchè - si legge nel decreto - «diffondevano notizie false sul valore del portafoglio titoli strutturati detenuti da Unipol»

Per capire i sospetti di Orsi, bisogna risalire agli esordi dell'inchiesta (aprile 2012) quando Fulvio Gismondi, attuario dei Ligresti, al termine di un interrogatorio gli dice: «Sto facendo le pulci ai bilanci di Unipol e sono allarmatissimo, perché ci sono un sacco di problemi». In agosto il sito Linkiesta pubblica il piano Plinio, l'analisi di Unipol fatta da Ernst&Young per conto di Fonsai. Il 4 luglio Orsi scrive al presidente della Consob, Giuseppe Vegas, chiedendo spiegazioni. Invece della risposta di Consob, si trova davanti l'11 luglio a un articolo del Corriere della Sera, firmato dall'allora vicedirettore Massimo Mucchetti, oggi senatore del Pd, che rivela l'esistenza della richiesta di Orsi a Vegas. Il pm va su tutte le furie, chiede spiegazioni per iscritto a Vegas, che nega di essere la fonte di Mucchetti e con una seconda lettera promette al pm di comunicargli, in tempo reale, le conclusioni delle indagini sulla fusione. Per mesi non si fa più vivo.

A dicembre Vegas manda a Orsi il capo della divisione Informazioni emittenti, Angelo Apponi, con la delibera che chiede a Unipol di rivedere la collocazione degli strutturati nel suo bilancio. Ma sono modifiche che Orsi considera unicamente formali, poco più che aggiustamenti di facciata, e che non vanno alla sostanza del problema della quantificazione degli strutturati, che si rivelerà poi sballata per centinaia di milioni. Nel maggio successivo Orsi scrive nuovamente alla Consob, che risponde: le faremo sapere. A ottobre, da un articolo della cronaca di Roma di Repubblica, Orsi scopre che un avvocato dello studio Tremonti, Dario Romagnoli, racconta che un affare caro a Unipol «è in sospeso a causa di faide interne» alla Consob. É così che Orsi scopre dello scontro in atto tra Vegas e Marcello Minenna, capo dell'ufficio analisi quantitative, che viene interrogato dal pm e dice, in sostanza: «Mi stanno mettendo i bastoni tra le ruote». Le contraddizioni tra Apponi e Minenna sono «divergenze fisiologiche», come le definisce nei giorni scorsi la Consob? O sono il segno che l'operazione UnipolSai, realizzata secondo il pm truccando bilanci e conti dei concambi, aveva una sponda all'interno dell'organo che doveva controllarne la trasparenza? La Procura ritiene di avere messo la Consob pienamente in grado di rizzare le antenne, impedendo così che i reati andassero a compimento.

Invece, il pasticcio è andato a buon fine, ed interessante è che tutti gli indagati siano chiamati in causa da Orsi in quanto uomini di Unipol, considerata l'unica responsabile di una sorta di «aggiotaggio collettivo». E il silenzio della Consob è uno dei fulcri che secondo il pm potrebbe avere colpevolmente agevolato le operazioni illecite della finanza «rossa».

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