Economia

Veneto Banca fa causa a Consoli

Via all'azione di responsabilità contro la vecchia gestione. A fine anno il piano

Massimo Restelli

Veneto Banca manda alla sbarra la vecchia gestione guidata dal suo ex dominus Vincenzo Consoli e promette che entro fine anno annuncerà il nuovo piano industriale. È quello che dovrebbe disegnare la fusione con Popolare Vicenza. Sarà un «piano di svolta», ha detto ieri l'ad Cristiano Carrus, confermando che tra le opzioni c'è «sicuramente» la fusione con Vicenza. Il matrimonio è molto caldeggiato dal Fondo Atlante, che in primavera ha salvato dal bail-in entrambi gli istituti del nord est sborsando 2 miliardi.

L'assemblea dei soci ha invece deciso l'avvio dell'azione di responsabilità contro gli ex componenti del board e del consiglio sindacale, includendo il periodo in cui Consoli era direttore generale. Dalle urne è uscito uno scontato plebiscito (99,9% i voti a favore) visto che Atlante detiene il 97,64% del capitale. Il clima dell'assise è stato tuttavia incendiato dalle proteste dei piccoli soci che hanno criticato la decisione del cda di avviare la guerra legale concentrandosi per ora su sole 40 operazioni di punta. L'istituto ha scelto tra quelle «deteriorate» o comunque complesse, svoltesi tra gennaio 2006 e aprile 2014 e spesso deliberate «con informazioni carenti o del tutto assenti» sul rischio della controparte: l'esposizione è 402 milioni, a fronte di perdite e accantonamenti per 198.

Rinviati invece a «ulteriori approfondimenti», insieme a casi di «mera irregolarità contabile», i profili «oggetto dei procedimenti sanzionatori della Vigilanza o degli accertamenti penali in atto». Un boccone difficile da digerire per soci che hanno visto polverizzarsi il valore delle azioni in portafoglio dai 39,50 euro del 2014 ai 10 centesimi della ricapitalizzazione. La vecchia Veneto Banca è da mesi nel mirino della Procura e Consoli è agli arresti domiciliari.

Il board ha invece avviato le carte bollate considerando in particolare i casi di «gravi irregolarità» emersi nella gestione, cioè dall'accusa di malagestio, e dalla «irregolare gestione» nella compravendita di titoli a fronte di «specifiche obbligazioni». In sostanza i cosiddetti «prestiti baciati», prima concessi da Veneto Banca in cambio dell'acquisto delle sue azioni. Il cda arriva a citare due operazioni per «il loro particolare rilievo» e l'«entità dei pregiudizi» subiti: le vicende «Castagner» e «Scanferlin». Quest'ultima famiglia figurava tra i soci di minoranza di Cofito, la ex holding di Bim, annessa da Veneto Banca nel 2010 con un'incorporazione. Nel tentativo di fare cassa Consoli ha poi tentato, senza successo, di rivendere Bim, che è invece ora tornata strategica.

Il neo presidente Massimo Lanza, subentrato a Beniamino Anselmi dopo lo spettro di dover ricorrere ai licenziamenti per salvare il gruppo- ha cercato di placare gli animi dei soci, sottolineando la complessità dell'iter legale e il rischio di perdere la causa senza una «due diligence». «Non è che sono arrivati quelli a cui non frega niente», ha proseguito Lanza riferendosi alla bomba degli esuberi: si dice 2.400 in caso di fusione con Pop Vicenza. Il piano «deve cercare di massimizzare gli interessi di tutti e portare alla creazione di una banca che sta in piedi, per questo non posso porre a priori condizionamenti».

I sindacati sono sul piede di guerra.

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