L'acquisto di bond è lo strumento più adatto per portare l'eurozona fuori dalle sabbie mobili della deflazione, con uno sforzo collettivo basato sulla condivisione dei rischi. Ma se la Bce è sul pezzo, pronta com'è a proseguire sulla strada delle misure non convenzionali per riportare stabilità nell'area, non altrettanto si può dire dei governi europei, in ritardo con le riforme. A una decina di giorni dall'attesissima riunione dell'Eurotower, in un'intervista a Die Welt il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, torna a schierarsi con Mario Draghi e a respingere l'ipotesi del capo della Bundesbank, Jens Weidmann, secondo cui dovrebbero essere le singole banche centrali nazionali a farsi carico dei problemi che potrebbero derivare dallo shopping di titoli sovrani.
La scelta di campo di Visco non rappresenta certo una novità, ma acquista particolare spessore dopo che nei giorni scorsi i falchi tedeschi ed estoni all'interno del board di Francoforte hanno rimarcato la propria opposizione al quantitative easing , tirando anche in ballo le ormai imminenti elezioni in Grecia. Un appuntamento che il leader di via Nazionale non sembra considerare un elemento di disturbo per la Bce, impegnata a cercare di raddrizzare la parabola discendente dell'inflazione. E se la stella polare resta la stabilità dei prezzi, allora non resta che agire: «L'acquisto di titoli di Stato - dice Visco - è lo strumento più efficace in questa situazione. Si tratta di uno strumento standard della politica monetaria, che chiamiamo non convenzionale soltanto perché per molto tempo in Europa non è stato usato». Ma chi dovrà assumersi gli eventuali rischi provocati dallo shopping di titoli sovrani? «Se le banche centrali - spiega il governatore di Bankitalia - acquistassero titoli a carico del proprio bilancio la frammentazione finanziaria dell'area euro potrebbe tornare ad ampliarsi». Per cui «faremmo bene a mantenere le procedure che valgono per tutti i nostri interventi di politica monetaria: i rischi vanno condivisi dall'eurosistema nel suo insieme».
Nella sostanza, una netta presa di distanza dalle posizioni della Buba, con cui Visco condivide però l'opinione sulla macchinosità dell'operato dei governi nell'atto di riformare. «Weidmann e io - sottolinea il numero uno di Palazzo Koch - siamo perfettamente d'accordo su un punto: la politica monetaria è certamente uno strumento forte, ma non può far salire la produttività o migliorare le strutture economiche. Questo - aggiunge - è compito della politica economica. Ma in Europa ed in Italia le riforme procedono a rilento», quando in realtà ci sarebbe bisogno di una spinta all'innovazione per recuperare competitività. «Per compensare il calo nel settore manifatturiero - ricorda Visco - dobbiamo trovare altri modi per garantire posti di lavoro. Le nuove industrie crescono».
Nel frattempo, crescono anche le preoccupazioni da parte delle banche per la possibile uscita della Grecia dall'euro in seguito alla probabile vittoria elettorale di Syriza. «L'uscita di Atene dall'euro non è in questione», ha ribadito ieri il leader del partito della sinistra radicale, Alexis Trispras, in un'intervista al periodico Realnews .
Ma alcuni istituti come Citigroup, Goldman Sachs e Icap - scrive il Wall Street Journal - avrebbero già predisposto piani di emergenza per far fronte alla Grexit, con simulazioni sulle esposizioni creditizie e mettendo a punto alcuni programmi per testare le piattaforme di trading.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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