Eduardo e un capocomico squattrinato

Suona quanto mai ovvio che, in una situazione economicamente critica come quella attuale, il teatro e i teatranti facciano fatica a dialogare in modo sereno con le istituzioni e a ottenere adeguate garanzie finanziarie per andare avanti. La crisi è forte e l’arte e la cultura ovviamente non possono restarne immuni. I soldi non ci sono ma senza soldi non ci possono essere spettacoli. È un cane che si morde la coda. Un circolo vizioso da cui sembra impossibile uscire. E allora vale la pena di parlarne, di riproporre all’attenzione del pubblico il problema, chiedendosi ancora una volta quale debba essere il ruolo del teatro nella società. Proprio quanto fa Eduardo De Filippo ne L’arte della commedia, un lavoro del ’65 ora di nuovo sulle nostre scene in un allestimento siglato Attori & Tecnici, diretto da Stefano Messina e sostenuto anche dalla Siae che debutta questa sera al Vittoria.
La storia è quella dello squattrinato Oreste Campese, capocomico di una compagnia di giro a conduzione familiare che all’improvviso perde, a causa di un incendio, il suo capannone/teatro. Si rivolge dunque al prefetto della città dove è accaduto l’incidente per chiedere un sostegno e il necessario aiuto. Ed è proprio nell’incontro/scontro verbale con le autorità che l’amara riflessione di Eduardo sullo stato del teatro si apre a temi e interrogativi sempre attuali. Oggi addirittura cocenti. «Il teatro si dibatte in un clima di assoluta confusione - dice Campese al suo sbrigativo interlocutore - la quale determina nel pubblico quel disorientamento che viene poi interpretato, non sappiamo se in buona o in cattiva fede, come crisi teatrale». E poco dopo: «Il governo si fa in quattro per sollevare le sorti del teatro, ma gli uomini responsabili cui è demandato il compito si sono sempre fermati ai margini del problema. Le cose fatte a metà non hanno mai dato buoni risultati». Sembrano parole scritte oggi.

Parole ovviamente tese a sostenere una strenua difesa del palcoscenico: luogo privilegiato, secondo il grande autore/attore partenopeo, dove mostrare le miserie, il dolore, i sentimenti più autentici dell'uomo e dal quale condurre una solida educazione alla comprensione del mondo e degli altri.
In scena Stefano Altieri, Renato Scarpa, Carlo Lizzani, Massimiliano Franciosa, Roberto Della Casa, Annalisa Favetti, Riccardo Cascaden, Michele Lella e Ludovica Rosenfeld.
Repliche fino al 12 febbraio.

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