Elogio del "taglia e brucia". Rivive l'antica agricoltura

Macché ipertecnologia, oggi l'innovazione sono i fuochi controllati. I risultati? Straordinari

Elogio del "taglia e brucia". Rivive l'antica agricoltura

In Giappone l'agricoltura è come l'Araba Fenice: sa rinascere dalle proprie ceneri. Il merito spetta all'antico metodo del «taglia e brucia». No, non è un paradosso: come spesso accade nel Sol Levante, il futuro si declina al passato. Una delle tecniche più innovative dell'agricoltura contemporanea risale infatti a oltre mille anni fa e si chiama yakihata, che letteralmente significa «taglia e brucia». Si tratta di una tradizione che è rimasta viva nella prefettura di Yamagata, nella parte settentrionale del Paese, lontana da Tokyo e Kyoto, e che oggi gli agronomi nipponici vogliono valorizzare e diffondere anche in altre aree.

Gli effetti della yakihata li vedete nelle foto che pubblichiamo in questa pagina: sono alcuni degli scatti più impressionanti realizzati in cinque anni di lavoro da Rinko Kawauchi, una fotografa giapponese (46anni e svariati premi e mostre internazionali all'attivo) che si è fatta sedurre dal fascino primordiale di questi incendi controllati. Il suo lavoro è esposto fino al 26 agosto da Camera - Centro Italiano per la Fotografia di Torino dove è stato selezionato tra i dodici finalisti della settima edizione del Prix Pictet, il prestigioso riconoscimento internazionale che premia i fotografi più abili a comunicare la sostenibilità ambientale al grande pubblico. Immaginare che dietro questi scenari di fuoco, fiamme e distruzione vi sia un progetto di vita, addirittura un'agricoltura super-green, pare impossibile: «Dopo aver passato tanti anni tra le comunità che praticano la yakihata, credo che la bellezza stia nella combinazione tra il lavoro umano e la reazione della natura», ci dice la fotografa. Non si tratta solo di un fattore estetico: la yakihata non è solamente una pratica suggestiva. I contadini della regione, seguendo antichi rituali tramandati da generazione in generazione, tagliano e bruciano la vegetazione sui pendii dei rilievi per rendere la terra dei campi più coltivabile in futuro. Il loro è un «fuoco amico», che rigenera e non distrugge davvero: l'Istituto di Ricerca Ambientale del Paese ha svolto puntuali studi sulle piccole comunità locali che, dopo il boom edilizio tra gli anni Sessanta e Ottanta, hanno tenuto fede alla lezione degli avi, rifiutando l'urbanizzazione. Risultato: i prodotti coltivati su quei terreni adeguatamente tagliati e bruciati sono migliori, dal punto di vista nutrizionale, e persino più buoni. Non solo: senza l'uso di fertilizzanti o pesticidi, i terreni mantengono una fertilità ideale. Il tutto, con una tecnica relativamente semplice ed economica: nata dal bisogno di creare campi coltivati anche sui pendii, la yakihata comincia tagliando dopo l'inverno gli alberi (cedri, di solito) già lasciati a seccare. Da maggio inizia poi la vera e propria stagione del fuoco', appiccato in modo controllato, segnando i confini sul terreno con un lungo bastone, lo iburi, come avviene da secoli. La combustione naturale fa il grosso del lavoro nei mesi estivi: il terreno viene bruciato e poi fertilizzato grazie alla stessa cenere dei cedri e non è necessario passare il fertilizzante poiché le piante nocive e quelle infestanti sono già state eliminate. Quando il terreno è pronto, si procede alla semina di colture diverse ogni quattro anni: miglio giapponese, miglio foxtail, fagioli di soia e fagioli azuki. Con questa rotazione così scandita, le sostanze nutritive del terreno vengono sfruttate al massimo del loro potenziale: l'area sarà poi messa a riposo qualche anno per rigenerarsi e il «taglia e brucia» passerà al terreno vicino.

Nulla è lasciato al caso, anche se gli strumenti sono semplici (un bastone di legno e del fuoco): i pendii da bruciare sono scelti con cura per permettere la futura ricrescita della vegetazione. Il mercato alimentare nipponico, alla perenne ricerca di prodotti eco e green, sta scommettendo sui contadini yakihata (già alcuni ristoranti della zona hanno inserito i loro prodotti come prelibatezze nel menù) e la stessa università di Agricoltura della regione Yamagata collabora con queste comunità montane per la ricerca di semine antiche da reinserire in commercio. Questo movimento di rinascita dell'antica agricoltura, sostenibile, economica e facilmente realizzabile anche su pendii di difficile gestione, ha attirato l'interesse dell'Onu. Ha portato persino al rilancio del turismo in una zona solitamente poco battuta: la Strada Nazionale 345, che passa attraverso vari sobborghi della città Tsuruoka, è ora nota come Yakihata Road' e rappresenta un suggestivo punto di osservazione dei pendii infuocati della vallata, specie in queste settimane (se n'è accorto anche Instagram: su #yamagata si trovano scatti dei contadini incendiari). Si assiste così al ripetersi di un rituale ancestrale che ipnotizza e che ogni giorno pare capace di manifestarsi in forme e colori diversi, celando dietro l'aspetto minaccioso un futuro di vita e prosperità per la terra. Reduce dal suo lungo lavoro nella regione, Rinko Kawauchi racconta: «Grazie a mille e trecento anni di campi bruciati, l'uomo ha creato in quella zona splendidi campi di cui si nutre il bestiame e beneficia tutta la popolazione locale. In questi piccoli villaggi la terra è venerata e rispettata secondo antiche leggi e l'inizio della bruciatura di terreni è paragonabile a una cerimonia religiosa». Il fuoco-che-rigenera pare, specie nelle aree collinari e montuose del Paese, la risposta giusta per un'agricoltura sostenibile.

Già, ma le conseguenze sull'aria, che viene infestata dal fumo per settimane? Gli incendi di zone rurali dicono gli studiosi - producono emissioni a tossicità assolutamente tollerabile (per la mancanza di plastica e sostanze chimiche del terreno). Il valore della yakihata, l'insegnamento per l'agricoltura che verrà, sta nell'usare nel miglior modo possibile le risorse a disposizione.

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