Energia direttamente dal Mar Nero per l’Italia assetata

Più gas russo per l’Europa aggirando l’Ucraina e scacco ai progetti di Bruxelles (e degli americani) per una maggiore autonomia da Mosca in campo energetico. Eni ed Enel hanno chiuso ieri con Gazprom il secondo round di intese dopo quello firmato circa un mese fa.
Il primo accordo, che coinvolge Eni e Gazprom, riguarda il gasdotto South Stream: l’intesa prevede non solo che l’opera verrà realizzata dopo gli intoppi alle trattative degli ultimi tempi, ma soprattutto che la portata sarà più che raddoppiata dai 31 miliardi previsti inizialmente a 63 miliardi di metri cubi annui. Il South Stream ha due valenze, molto importanti. La prima: il gasdotto partirà dalla costa nord del Mar Nero, in Russia, e giungerà in Bulgaria dove si biforcherà, con un ramo verso l’Europa Centrale e uno verso i Balcani, la Grecia e l’Italia. Aggirerà così l’Ucraina, garantendo più sicurezza di approvvigionamenti e, in ogni caso, aumentando in maniera consistente le forniture a un’Europa sempre più affamata di gas.
La seconda valenza è più strategia e «politica»: il South Stream, proprio perché darà molto più gas del previsto all’Europa, legherà sempre più il Vecchio continente ai giacimenti russi, aumentandone la dipendenza. Qualche tempo fa il presidente russo Putin, incontrando un importante manager italiano, gli ha presentato il presidente di Gazprom definendolo «il nostro capo dell’armata russa». E non a caso: attraverso il gas, Mosca tiene l’Europa per la gola (e la terrà sempre di più). Che bisogno avrà dei missili? Non solo, ma la maggior quantità di metano che verrà dalla Russia avrà due effetti: da un lato scoraggerà la costruzione di gasdotti alternativi come il Nabucco, che dovrebbe avere una portata sui 30 miliardi di metri cubi annui. Guarda caso proprio la quantità aggiuntiva decisa per il South Stream.
Dall’altro i russi tenteranno in ogni modo di approvvigionarsi sempre più dai giacimenti del Caspio, per impedire che i Paesi rivieraschi utilizzino il loro gas per le forniture all’Europa, attraverso il Nabucco. Poche settimane fa Mosca ha firmato un importante accordo per la costruzione di un gasdotto sotto il Caspio che trasporterà il metano dal Turkmenistan (uno dei maggiori produttori della regione) alla costa russa. Tutto gas in meno per gli europei, che, se lo vorranno, lo dovranno comprare dalla Russia, ben felice di tenerli per il collo. Resterà quasi certamente il gasdotto Igi, che dall’Azerbajan attraverso Turchia e Grecia arriverà in Italia. Ma con una portata tale da non impensierire i russi.
L’ad Eni, Paolo Scaroni, e il presidente di Gazprom, Alexey Miller, hanno poi firmato una seconda intesa che prevede che i due Eni e Enel (che detenevano il 100% della società) cedano il 51% di SeverEnergia ai russi. SeverEnergia controlla tre società operative che hanno licenze per l’esplorazione e sfruttamento di riserve di gas e petrolio nell’Artico per cinque miliardi di barili: il più grande giacimento di gas russo in assoluto. La quota Enel scenderà così dal 40 al 19,6%, mentre quella Eni dal 60 al 29,4%.

Il gas artico, però, sarà destinato in gran parte al consumo interno russo: l’Enel lo utilizzerà per le sue centrali elettriche locali, garantendosi una parziale autosufficienza sul fronte delle forniture, Eni lo cederà a Gazprom.

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