Energia eolica: ci vuole più attenzione

Caro Granzotto, ho letto con interesse la sua risposta al lettore sull’energia eolica in Puglia e desidero apportare un modesto contributo sperando che susciti il suo interesse. Mi astengo da qualsivoglia posizione sull’economicità di questa tecnologia rispetto a quella tradizionale e corrente: non mi avventuro su cose che conosco superficialmente. Mi atterrei al solo aspetto «impatto paesaggistico» e senza esitazione concordo con lei: quei pali sono obiettivamente uno sfregio a qualsiasi territorio. Ma, proprio in Puglia, pare che si sia trovato il modo per ovviare a questo inconveniente: ho letto, tempo fa, che vicino a Lecce e precisamente al largo della costa di Tricase, si sta creando un «Parco marino eolico». Questa centrale eolica non solo produrrà energia ma permetterà, per abbassare i costi di produzione, anche la produzione di tonni in acquacoltura. Questo Parco che sarà ancorato a circa 15 Km dalla costa nemmeno si vedrà da terra e quindi è risolto il problema dell’impatto paesaggistico. Che ne dice?


La verità, caro Rossetto, è che l’iniziativa va vista all’incontrario: l’impianto al largo di Tricase sarà (forse) una stazione di maricoltura e, di riporto, anche una centrale eolica. Questo perché se fosse solo destinato a produrre energia «pulita» il costo del kilowattora risulterebbe esorbitante, tale da dissuadere anche il più animoso ed ecologista amministratore pubblico. Non che con la produzione di tonni i conti poi tornino, ma non sarebbe la bancarotta. In sé l’idea del parco marino eolico è eccellente e infatti nel nord Europa di «offshore wind farms» se ne contano a decine. Ma poggiano tutte sui fondali di quindici - venti metri che, nei mari settentrionali, si spingono fino a venti chilometri e oltre. Mentre a una ventina di chilometri al largo di Tricase il fondale precipita a oltre cento metri e dunque l’unica soluzione è di piazzare le pale su una piattaforma galleggiante, sul modello di quelle per trivellazione delle compagnie petrolifere. E son soldi, senza calcolare quelli per una manutenzione assai dispendiosa (l’acqua e l’aria di mare non vanno proprio d'accordo con i complessi e vulnerabili apparati metallici). Però, in quanto alla tutela dell’impatto ambientale ci siamo. O ci dovremmo essere.
Fu troppo ottimista l’Ewec, la conferenza europea per l’energia eolica, nell’annunciare che il Parco marino di Tricase - il primo al mondo nel suo genere, 24 generatori eolici galleggianti distribuiti su un rettangolo di mare di 3,5 chilometri per 3 - sarebbe stato installato entro il luglio del 2008. Siamo in agosto e ancora non è stato realizzato il prototipo da impiegare (a terra) nelle prove di vento. Per dire le cose come stanno, il progetto ha subito uno stop in quanto non confortato dalla Via, la Valutazione di impatto ambientale. E questo perché l’impresa costruttrice, l’inglese Sky Saver, non ha ancora presentato alle autorità competenti il Sia, lo Studio di impatto ambientale. Che per una faccenda ad altro tenore ambientalistico come la produzione di energia rinnovabile e «pulita» (tonni a parte), è ben strano. Inoltre pare che ci sia un problemino di soldi, di chi deve metterceli e quando e come.

Mi creda, caro Rossetto, anche per via dei tonni io faccio voti che quella meraviglia ecologica finalmente si faccia proiettando così la Puglia all’ammirazione del mondo intero, Al Gore in prima fila. Però la Puglia è in Italia. E in Italia tra il dire e il fare c’è quasi sempre di mezzo, ironia della sorte, proprio il mare.

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