Eni, via all’oleodotto per il petrolio asiatico

Partner degli italiani il gruppo di Istanbul Celik e Indian Oil

Eni, via all’oleodotto per il petrolio asiatico

nostro inviato a Ceyhan (Turchia)
La Turchia sta cambiando vocazione: dal ruolo di portaerei assunto dopo la fine della Guerra fredda e lo spostamento verso il Medio Oriente delle tensioni internazionali, a quello di petroliera e di nave gasiera per il Mediterraneo.
In questa posizione sta assumendo sempre più peso nel «grande gioco» petrolifero dell’Asia centrale, quello iniziato da russi e inglesi fin dall’800 e che continua fino a oggi, nel quale si è inserita anche l’Eni. E ieri a Ceyhan, sulla costa turca mediterranea, non molto distante dal confine con la Siria, è stata posata la prima pietra del nuovo oleodotto che collegherà Samsun, sulla costa turca del mar Nero, con Ceyhan: 555 chilometri che a partire dal 2010 porteranno in Mediterraneo un milione di barili di greggio al giorno, per salire fino a un milione e mezzo. Così si eviterà il passaggio delle petroliere attraverso il Bosforo, ormai intasato al punto tale che d’inverno le navi devono attendere fino a 3 o 4 settimane per passare. Alla cerimonia hanno partecipato il ministro Pierluigi Bersani e il suo collega turco Hilmi Guler, l’ad Eni, Paolo Scaroni, e il presidente del gruppo turco Calik, Ahmet Calik, socio dell’Eni nella costruzione dell’oleodotto. Ceyhan sta diventando un vero e proprio snodo nel «grande gioco» del greggio: ai suoi terminali petroliferi arrivano infatti già l’oleodotto che parte da Baku, in Azerbaijan, sulla costa occidentale del mar Caspio, e quello da Kirkuk, nella zona curda dell’Irak. E all’inaugurazione del Baku-Ceyhan, avvenuta lo scorso anno e in cui l’Eni ha una quota, non c’era nessun ministro russo: il «tubo» passa infatti a sud del confine controllato da Mosca, aggira a nord l’Armenia, in guerra con gli azeri, attraversa la Georgia e poi piega a sud verso la Turchia, arrivando infine al Mediterraneo. E in questo modo rende l’Azerbaijan indipendente da Mosca.
L’altro oleodotto, quello che arriva dall’Irak, deve solo attraversare il confine turco, non molto lontano da Kirkuk, cosi il petrolio irakeno arriva più velocemente a Ceyhan. L’oleodotto che collegherà Samsun a Ceyhan, tagliando a meta la Turchia, servirà invece a trasportare il greggio che proviene dai giacimenti del nord ovest del Caspio, in Kazakhistan. A Kashagan, infatti, sono stati fatti i più importanti ritrovamenti degli ultimi trent’anni, un vero mare di petrolio. Lo sfruttamento inizierà nel 2010: per arrivarci l’Eni e le altre compagnie impegnate investiranno 19 miliardi di dollari. Poi si tratterà di portare il petrolio in Occidente: così un primo oleodotto convoglierà il greggio dal Caspio alla costa russa del mar Nero, a Novorossiysk. Dalla Russia il petrolio verrà trasportato con petroliere fino a Samsun, dove verrà sbarcato e «pompato» nel nuovo oleodotto fino a Ceyhan. E qui finalmente se ne andrà verso la sua destinazione finale. Complicato? No: se si pensa che in Turchia arriva dalla Russia anche il gasdotto Blue Stream, costruito dall’Eni. Il Blue Stream dovrebbe essere presto raddoppiato e forse triplicato per fornire due gasdotti che collegheranno la Turchia con l’Europa: l’Igi, che passerà attraverso Grecia e Italia, e il Nabucco, che girerà a nord attraverso l’ex Jugoslavia.
Non solo, ma a Ceyhan i russi vorrebbero costruire un liquefattore che permetterebbe loro di esportare il gas fin negli Stati Uniti. E qui torna in scena il «grande gioco»: i russi infatti spingono per arrivare al Mediterraneo non solo attraverso la Turchia, ma anche aggirandola, non diversamente da quanto hanno fatto gli azeri con loro per mezzo del Baku-Ceyhan. Mosca ha in progetto un oleodotto che collega la Bulgaria con la Grecia, aggirando il Bosforo e la Turchia. Ma Ankara ha già avvisato che non se ne deve fare nulla: il terminale potrebbe inquinare le acque. Resta da capire perche quello di Ceyhan non dovrebbe presentare gli stessi rischi.

Intanto si farà partire il Samsun-Ceyhan, quello «inaugurato» ieri per cui si prevedono investimenti tra 1,75 e 2 miliardi: per ora i soci sono Eni e Calik, presto diventerà azionista anche la Indian Oil Company, mentre sono in corso trattattive con Shell e Mitsubishi.

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