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«Eolico e solare bluff producono al massimo il 5% dell’energia»

Marzano, presidente del Cnel: «Stiamo riducendo la dipendenza dal petrolio. Ma serve il nucleare, non si può più aspettare»

Paolo Giovanelli

da Milano

Le nuove forme di energia? Le vedranno i nostri nipoti, soprattutto il nucleare avanzato, più sicuro e pulito, che resta la sola alternativa ai combustibili fossili. Ma prima ci sarà da fare un lungo lavoro culturale presso un’opinione pubblica disinformata. E il solare e l’eolico? Idee carine, piacevoli, senz’altro da sostenere, ma se arriveranno a coprire il 5% del fabbisogno di elettricità sarà già un successo. Se mai, il vero successo è stata la svolta impressa da questo governo alla politica energetica. E hanno ragione i firmatari della lettera al presidente Ciampi, pubblicata ieri dal Giornale, che sostengono che è ora di accantonare i sogni di fonti alternative inesistenti per puntare su un reale sviluppo di quelle esistenti. È un’intervista tutta all’attacco quella di Antonio Marzano, ex ministro per le Attività produttive e attuale presidente del Cnel.
«Io - rivendica il ministro - ho impresso tre svolte alla politica energetica italiana. La prima è stata l’introduzione della concorrenza non solo con la redistribuzione della capacità produttiva dell’Enel, previsto dal governo precedente attraverso la vendita delle centrali, ma creando più capacità produttiva: dal 2002 sono state date 40 concessioni alla concorrenza per 19mila megawatt di potenza complessiva. Undicimila Mw sono in fase di realizzazione ed entreranno in funzione entro il 2007, ma già oggi, salvo che non cada qualche albero sulle linee elettriche, non rischiamo più black out. Poi, come secondo passo abbiamo avviato la Borsa elettrica e infine con il terzo è stato liberalizzato il mercato del gas».
Tutto così facile?
«Ho trovato dei nemici nelle posizioni monopolistiche che hanno cercato di frenare le riforme. Il problema è che il monopolio permette più profitti e quindi più dividendi per gli azionisti, tra cui c’è anche il governo. Non sono scelte facili».
La lettera degli scienziati parla soprattutto di futuro.
«Con la politica energetica varata in questi anni si potrà far scendere il contributo dell’olio combustibile a non più del 5% entro il 2010, lasciando spazio a carbone e gas. E c’è comunque anche il presente: il 28 novembre abbiamo venduto energia alla Francia. È un segnale di cambiamento. Ed è anche un cambiamento la decisione di rafforzare la ricerca di giacimenti nazionali di idrocarburi: nel 2004 sono stati avviati negoziati con Malta e Tunisia per ricerche sulla piattaforma mediterranea, mentre è diventata operativa l’Agenzia nazionale per le scorte».
La lettera degli scienziati è piuttosto polemica...
«I firmatari dicono che non c’è da aspettarsi molto da sole e vento: è una illusione. Più dell’1% dal sole e del 2-3% dall’eolico sarà difficile tirar fuori. Non voglio deludere quelli che hanno questa visione dolce: io dico che va fatto tutto il possibile, ma che il problema non si risolve così. Paghiamo la rinuncia al nucleare, ma oggi molti esperti sostengono che il problema va riesaminato».
L’opinione pubblica non lo vuole e per costruire una centrale nucleare sono necessari dieci anni...
«Certo, bisogna tenere i piedi per terra: è un problema culturale. Se si considerano le difficoltà a fare centrali tradizionali o la linea ferroviaria ad alta velocità, cosa pensiamo possa accadere se autorizziamo una centrale nucleare? Per questo dico: bisogna muoversi subito.

Se arriviamo a una dipendenza dal petrolio del 5% entro il 2010 abbiamo il tempo per approfondire il dibattito sul nucleare. Sono temi che riguardano soprattutto i nostri nipoti, ma dobbiamo cominciare ad affrontarli adesso».

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