Era l’autodifesa degli schiavi

Sedicesimo secolo: centinaia di migliaia di persone vengono prelevate dall’Africa e portate in Brasile per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero. È qui che nasce la Capoeira. Una forma di autodifesa espressa in forma di danza. Furono gli schiavi, ai quali era proibito combattere, a inventare il popolare gioco brasiliano. Una vera e propria lotta - praticata per difendersi dai soprusi dei padroni - mascherata con musica e danza. Dopo essere stata a lungo proibita e considerata disciplina aggressiva, la Capoeira fu liberalizzata nel 1930, per diventare lo sport nazionale del Brasile. Oggi è praticata da migliaia di persone in tutto il mondo. Il «gioco» comincia con la roda, il cerchio formato da tutti i membri del gruppo che suonano e cantano al ritmo del berimbau (uno strumento formato da un bastone che tiene in tensione un filo metallico).

Il solista inizia a cantare il primo verso seguito dagli altri componenti che gli rispondono in coro. Dopo alcuni minuti ha inizio il gioco vero e proprio. I due capoeristi si salutano con un bacio e si mettono in posizione girando il corpo nella posizione dell’avversario.

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