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Esami venduti, 6 arresti all’università di Bari

Blitz dei carabinieri alla facoltà di Economia e commercio. Finiscono in manette due professori e quattro impiegati amministrativi: estorcevano agli studenti fino a 2.500 euro in cambio di una promozione sicura. Offerti anche pacchetti "all inclusive" da 5 esami più tesi a 15mila euro

Esami venduti, 6 arresti all’università di Bari

Bari - Il comitato d’affari di prof e dipendenti vendeva, gli studenti acquistavano: così gli esami finivano al centro di un autentico mercato con tariffe che oscillavano fra i 500 e i 2.500 euro; ma non è tutto: c’era anche la possibilità di affidarsi a formule all-inclusive acquistando pacchetti che comprendevano cinque prove più la tesi di laurea al prezzo di 15mila euro. È quanto è venuto fuori dall’inchiesta dei carabinieri su una vasta esamopoli alla facoltà di Economia dell’Università di Bari, l’ultimo di una serie di scandali che hanno travolto il mondo accademico pugliese. Le indagini, scandite da perquisizioni e interrogatori, si sono ben presto allargate e hanno consentito di tratteggiare uno scenario inquietante: esami che sarebbero stati venduti al bar, studenti che sarebbero stati minacciati e tartassati dai bidelli, un vorticoso giro di denaro. Al punto che secondo gli investigatori il comitato d’affari sarebbe riuscito a rastrellare qualcosa come 50mila euro nel giro di otto mesi.

La nuova svolta è arrivata ieri, quando sono stati arrestati con il beneficio dei domiciliari Pasquale Barile, docente (in pensione) di Matematica per l’economia, il suo assistente, Massimo Del Vecchio, la segretaria del dipartimento studi aziendali, Lucia Lavermicocca, gli addetti alle aule Giuseppe Maurogiovanni e Sergio Riso, e un funzionario a riposo, Michele Milillo. I reati contestati sono associazione a delinquere finalizzata alla concussione, corruzione, falso e rivelazione di segreto di ufficio.

In tutto gli indagati sono 37, tra di loro studenti e anche altri professori di Economia che in qualche modo avrebbero preso parte al sistema. L’inchiesta, diretta dalla pm del Tribunale di Bari Francesca Romana Pirrelli, non è chiusa; al contrario, rimane aperto il delicato filone del terzo livello e in particolare il ruolo di alcuni docenti, baroni rimasti dietro le quinte che potrebbero aver avuto un ruolo nella vicenda. Le indagini presero il via circa tre anni fa. I carabinieri hanno raccolto dichiarazioni, hanno fatto riscontri incrociati, hanno cominciato a scavare nei corridoi dell’Università. E alla fine sono riusciti a raccogliere conferme ai sospetti che già circolavano da parecchio tempo.

Il piatto forte del comitato d’affari che gestiva la compravendita delle prove era l’esame di Matematica, autentico spauracchio per gli studenti di Economia. Secondo gli inquirenti, l’organizzazione consentiva di aggirare l’ostacolo attraverso un ciclo di lezioni private a pagamento nell’Istituto mediterraneo delle scienze, quello presieduto da Del Vecchio. In alcuni casi – sempre secondo la ricostruzione dell’accusa – ai candidati veniva consentito di sostenere la prova in ufficio, senza commissione: l’esito veniva poi riportato sul verbale. Il denaro veniva consegnato per le scale della facoltà o nei bar del quartiere, come documentato dai carabinieri nel corso di diversi appostamenti. Nulla veniva lasciato al caso dall’organizzazione. E un ruolo cruciale era ricoperto dai bidelli: toccava a loro contattare gli studenti e convincerli ad adeguarsi al sistema.

«Chi accettava di pagare la prima volta – dice il comandante provinciale dei carabinieri Gianfranco Cavallo – cadeva nella spirale del malaffare ed era costretto a farlo per sempre».

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