Esiste il libero arbitrio? I cervelloni dicono "no"

A Milano un convegno sulla scienza della mente, applicata ormai a ogni campo: dall’economia all’estetica E un ricercatore italiano annuncia di aver scoperto l’area cerebrale da cui dipendono anche le scelte morali

Sono anni d’oro per le neuroscienze. Sconosciute fino a un quindicennio fa, oggi le case editrici pubblicano a profusione libri sull’argomento; le università dedicano loro nuovi corsi di laurea; e anche i festival culturali si sono accorti del fenomeno. Se è vero che esistono parole dotate di fascino, il prefisso «neuro» ne ha da vendere. H agenerato infatti la neuro-psicologia, la neuro-economia, la neuro-estetica e, ovviamente, la neuro-etica. Come ogni moda, la «neuro-» ha i suoi fan (neuro-maniaci) e i suoi, più rari, detrattori (neuro-scettici).

Tra questi ultimi c’è - paradossalmente, giacché è psicologa e coordinatrice della laurea magistrale in Scienze cognitive e processi decisionali all’Università degli Studi di Milano - Gabriella Pravettoni: da una sua idea, o meglio provocazione, nasce il convegno Neuromania. Il cervello non spiega chi siamo (domani, dalle 9 alle 17, all’Università Statale d Milano). Una ventina di esperti tra medici, filosofi, psicologi ed economisti sono chiamati a riflettere sulle conseguenze dello studio sempre più sofisticato sul cervello umano e se questo approccio possa render conto della complessità del nostro agire. Cominciamo da una notizia: il neurologo Alberto Priori - direttore del Centro per la neuro stimolazione della Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico di Milano presenta in anteprima al convegno irisultatidiunostudio«sullapartecipazione alle decisioni sia economiche che morali di alcune strutture del cervello». Priori, che ha lavorato con un team di esperti del Policlinico, dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Carlo Besta, dell’Istituto Galeazzi e del Mondino di Pavia su un campione di 40 persone per un anno, spiega che la ricerca «dimostra che i gangli della base, ossia la parte più profonda del cervello, che si pensava fosse coinvolta solo nelle rispostemotorie, partecipanoancheascelteditipo economico e morali, specie quelle immediate, quasi istintive, che prima pensavamo coinvolgessero la corteccia cerebrale». Scoperta scientificamente rilevante, non vi è dubbio. «Noi siamo molto di più: le nostre risposte derivano da tante variabilienonpossonolimitarsiaessere osservate solo come masse di sangue in una determinata zona del cervello. Se è vero che negli ultimi anni si stanno compiendo passi giganteschi nelle neuroscienze, nondobbiamopararcidietrosemplificazionichefannoperderedivista il valore dell’essere umano, la sua complessità. La mente eccede il cervello», commenta Gabriella Pravettoni.

L’economia, neanche a dirlo, è terreno di caccia prediletto per le analisi dei neuro-maniaci. E per le semplificazioni. «La pretesa di spiegare la crisi in questo modo è aberrante», afferma Giuseppe De Luca, storico economico, che presenta al convegno un intervento dal titolo più che esplicito: Storia delle crisi finanziarie e psicologia: un contributo di troppo? «È miope interpretare il comportamento dei mercati leggendo solo i dati degli ultimi trent’anni: la crisi ha coordinate strutturali che solo uno studio in prospettiva storica può spiegare». Neuro-scetticooneuro-entusiasta? Il filosofo Giulio Giorello, che domani partecipa al convegno, sospende il giudizio: «È indubbio che le neuroscienze abbiano avuto anche per meriti italiani, grazie alla Scuola di Parma e alla scoperta dei neuroni-specchio di Giacomo Rizzolatti, un importante sviluppo.

Come spesso accade quando un progresso scientifico penetra in altri territori, si sono trasformate in moda. Questa tendenza può non essere del tutto inutile se stimola la pluralità di approcci, altrimenti è neuro- delirio. Come Kit Carson in Tex Willer, preferisco affidarmi al buon senso».

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