Essere comunista: una «moda» per soli ventenni

Apprendo, per la penna di Sergio Romano che ne fa cenno sul Corriere rispondendo a un lettore, che il presidente della Commissione Europea Manuel Barroso, aggiornando un vecchio e risaputo cliché, ha di recente affermato che «si può essere comunisti a vent’anni ma solo chi è senza cervello può ancora esserlo a quaranta». Al riguardo, mi chiedo come sia possibile da parte nostra (intendo da parte di noi italiani tutti) accettare senza reagire duramente un cotale insulto rivolto, per di più da un’autorità europea, al nostro amatissimo presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il quale, nel 1991, allorquando il Partito comunista italiano fu sciolto, aveva sessantacinque anni suonati.
Ove non intervenga con tutto il proprio possibile peso il governo e, in particolare, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema (per parte sua, nel citato 1991, quarantaduenne), sfiderò a duello Barroso, altro modo per lavare l’onta insopportabile non esistendo!!!

Certo che è umiliante, caro Mauro, vedersi prendere a pesci in faccia così, specie se la pesciata arriva dalla più alta istituzione eurolandica e per mano di chi riscalda la poltrona che fu a lungo mirabilmente riscaldata da Romano Prodi. Pur essendo aperti al dialogo e rispettosi quanto mai dell’opinione altrui e del diritto (umano) a manifestarla in tutte le forme; pur discepoli dell’ammirevole gigione François-Marie Arouet, alias Voltaire, del quale abbiamo stampato in mente il suo: «Non approvo una sola parola di quello che dici, ma sono disposto a morire per garantirti la libertà di dirle»; pur trovandoci concordi nel denunciare ogni forma di censura, non possiamo esimerci dall’affermare, con forza, che quando è troppo, è troppo. Dare del tonto al nostro amatissimo capo dello Stato senza immediatamente dover pagarne il conto è faccenda inammissibile. Tu parli, caro Mauro, di incrociare le lame, ma sai bene che un tempo nemmeno tanto remoto per una offesa così salpavano le cannoniere e giù piombo! Sì, lo so, mandare le cannoniere a Bruxelles presenta qualche difficoltà logistica, però dicevo tanto per dire che liquidare la faccenda con un semplice duello mi pare prendere le cose un po’ sottogamba.
Però, ingiuria a parte, mica ha tutti i torti, quel Barroso là. A vent’anni, scapestrati come si è, ti può venir anche l’uzzolo di farti comunista, credere nel paradiso dei lavoratori e cantare bandiera rossa la trionferà. Però già a ventuno dovrebbero far capolino i primi dubbi. I quali, non essendo evidenze, ma solo condizione di incertezza della mente, nelle zucche un po’ lente di comprendonio hanno bisogno di tempo per maturare e trasformasi in certezze. Barroso sostiene che il processo può durare - in presenza di cape particolarmente toste - anche una ventina d’anni e pur se a me paiono un po’ troppi, diamolo per buono. Tuttavia, compiuti i quaranta, entrati cioè in piena età della ragione, seguitare a cantare bandiera rossa la trionferà significa proprio essere, per dirla col simpatico Padoa-Schioppa, dei bamboccioni ideologici. Che non è un insulto, basta chiedere a Veltroni e alla Rosy Bindi: però un conto è dare del bamboccione un conto dare, come fa il Barroso, del bamba.

Qualcuno dunque si muova (non tu, che probabilmente non sai nemmeno da che parte si impugna una durlindana), qualche esponente istituzionale elevi indignata protesta e ricacci in gola a Barroso l’oltraggiosa insolenza. Perché in caso contrario non si scappa: chi tace acconsente.

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