Kiev, ecco come si prepara una guerra civile in Europa

Anche veterani e cosacchi pronti a combattere contro le forze speciali di Yanukovich. Grazie a "Gli occhi della guerra" raccontiamo le barricate di Piazza Maidan. DIARIO DA KIEV

Kiev, ecco come si prepara una guerra civile in Europa

da Kiev

«Ucraina!» grida un giovane incappucciato e vestito di nero in piedi sulle barricate attorno a piazza Maidan, nel centro di Kiev. «Slava nazii (gloria alla nazione)» e «smert vorogam (morte ai nemici)» rispondono in coro i ribelli antigovernativi dietro i sacchetti di sabbia e le carcasse dei mezzi carbonizzati dalle molotov. A 20 sotto zero non mollano la barricata di ulica Hrushevsgoko, teatro di furiosi scontri con la polizia antisommossa fino ad una settimana fa. E si preparano al peggio. Anastasia, occhi splendidi, infagottata nel giaccone militare è una giovane pasionaria arruolata in un gruppo di cosacchi ucraini. A 20 anni non ha dubbi: «Non crediamo alle promesse pacifiche del governo. Sono delle trappole. Noi ci stiamo preparando alla guerra. Siamo pronti e pure io, che sono donna, combatterò».

Molti ribelli indossano la mimetica e altri portano giubbotti antiproiettile, veri o improvvisati. Tutti hanno un casco in testa, dall'elmetto militare in stile sovietico a quello da muratore e una spranga, un bastone, un manganello o una catena in mano. Da un edificio sfregiato dalla battaglia sulla prima linea delle barricate ogni tanto escono dei miliziani in tenuta paramilitare con tanto di giberne porta munizioni, per ora vuote.

A poche decine di metri i poliziotti anti sommossa non muovono un passo, allineati dietro gli scudi. Al momento è in atto una fragile tregua, ma l'ala dura degli oppositori di Maidan si prepara alla battaglia. Su un muro hanno dipinto con lo spray rosso un bersaglio. Da lontano lanciano bottiglie piene di neve per centrarlo. Un allenamento per tirare le molotov.

Pravi Sektor (Ala destra) e Spilna Prava (Causa comune), che non rispecchiano proprio l'Europa unita dei burocrati, vogliono prima di tutto buttar giù l'odiato presidente Viktor Yanukovich. I militanti ultranazionalisti sfilano in ranghi serrati. Al posto dei fucili tengono in spalla dei bastoni e marciano urlando «gloria agli eroi». Non solo le vittime ribelli negli scontri di piazza Maidan, ma pure gli indipendentisti dell'Esercito di liberazione ucraino di Stepan Bandera, che durante la seconda guerra mondiale hanno combattuto contro i sovietici. Non a caso sulle barricate di Hrushevsgoko sventola solo una sfilacciata bandiera europea con le stelline, in mezzo a tanti vessilli rossi e neri degli ultranazionalisti, che si ispirano all'eroe Bandera.

Un déjà vu negli anni Novanta alla vigilia della mattanza che fece a pezzi la Jugoslavia. In Ucraina il detonatore è la profonda spaccatura fra l'Est filo russo e l'Ovest, che non vuole saperne di Mosca.

Nel centro di Kiev i ribelli hanno occupato marmorei edifici pubblici, come Casa Ucraina, per piazzare i loro comandi. All'ingresso, protetto da sacchetti di sabbia, sentinelle in mimetica, elmetto e passamontagna calato sugli occhi controllano il via vai. L'edificio è sfruttato non solo come dormitorio. Nel sotterraneo medici volontari hanno messo in piedi un pronto soccorso e c'è la mensa per i militanti che serve pasti di continuo. In molti vengono da fuori, dalla zona ovest da sempre anti russa.

Nicola, biondino e tarchiato, è una sentinella delle barricate appena rientrato a riposarsi con casco e spranga in mano, che ha lavorato a Bologna come giardiniere. Natalj, laureata, parla italiano, ha due figli, ma presta servizio come volontaria a Casa Ucraina «per la rivoluzione».

Il secondo piano è proibito ai giornalisti. Il sospetto è che da qualche parte siano nascoste le armi.

I ribelli possono contare sull'esperienza di inaspettati veterani. Alexander è orgoglioso di farsi fotografare con la bandiera degli ex combattenti ucraini nell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Si chiamano afghanzi ed in molti avrebbero aderito alle proteste. Nel 1979 Alexander, capelli corti e barbetta incolta, era un giovane Spetsnaz, i corpi speciali sovietici. A Kabul ha aperto la strada all'invasione dell'Armata rossa. «In Afghanistan mi sono beccato un proiettile - racconta il veterano -. Adesso non ho neppure una pensione da ex combattente. Mi hanno dato l'equivalente di 54 euro per la Festa della vittoria della seconda guerra mondiale. Una vergogna». Forse esagera, ma sostiene che gli afghanzi di Maidan sono 400. «Non abbiamo spazi per un addestramento vero e proprio - spiega l'ex Spetsnaz - ma diamo consigli ai giovani sulle barricate e nella difesa degli edifici in base alla nostra esperienza di guerra».

Ad un chilometro in linea d'aria, i filo governativi hanno messo in piedi l'«Anti Maidan», una tendopoli protetta dalla polizia di fronte al Parlamento. «Ho paura solo di nostro Signore. Siamo qui contro gli estremisti che occupano gli edifici pubblici e vogliono imbracciare il fucile per scatenare un bagno di sangue» sostiene Alexander Zinchenko, comandante del campo. L'omaccione vestito di nero con la radio portatile si appella alla pacificazione, ma ammette i contatti con i Berkut, i reparti speciali della polizia.

Nel campo non sono in molti. Sotto una tenda bivaccano i militanti giunti da Sebastopoli, roccaforte filo russa. «Non vogliamo la guerra civile, ma dimostrare al mondo che non esiste solo Maidan. Quelli ci porteranno i missili della Nato in Ucraina» tuona Nina Prudnikova, rappresentante del partito del presidente in Crimea.

Su una tenda sventola una bandiera con il gladio, lo scudo e la stella al centro. Manca solo la falce e martello e sarebbe identico al simbolo del vecchio Kgb, il servizio segreto sovietico. Gli ospiti della tenda non ci lasciano entrare, ma fanno capire che fanno parte di un'associazione di ex combattenti.

Non è un caso che ieri da Monaco, l'ex pugile Vitaly Klitschko, uno dei leader dell'opposizione politica, abbia lanciato l'allarme: «L'Ucraina è sull'orlo della guerra civile».

www.gliocchidellaguerra.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica