Il Brasile diventa più ricco ed è boom di crack e coca

Il Paese è primo al mondo per il fumo di polvere bianca. Fino a 10 anni fa nessuno sapeva cosa fosse, ora è la più ricercata dalle classi emergenti

Il Brasile diventa più ricco ed è boom di crack e coca

Il più grosso mercato al mondo per il crack e il secondo per la cocaina, dopo gli Stati Uniti. Tanto da consumare il 18 per cento della coca mondiale. È un quadro drammatico quello del Brasile, così come emerge da uno studio dell'Università federale di San Paolo, secondo cui il 3% della popolazione adulta (circa 6 milioni di persone) fa o ha fatto uso di cocaina o suoi derivati. Percentuale che non cambia se si prendono in esame gli adolescenti, quasi mezzo milione di ragazzi che hanno dimestichezza con cocaina e crack.
Numeri che fanno paura, soprattutto se si pensa che fino a dieci anni fa il crack era praticamente sconosciuto in Brasile e anche l'uso della cocaina sostanzialmente circoscritto.

Cosa è dunque cambiato in questi dieci anni? Soprattutto c'è stata una crescita economica che ha permesso il formarsi di una nuova classe media: un'aggiunta di 32 milioni di brasiliani molto inclini ai consumi tra cui, appunto, quello di droga. E così il Brasile, che una volta fungeva soltanto da transito per i mercati europei, è diventato un avido consumatore della droga prodotta in America Latina, Colombia, Perù e Bolivia. Addirittura il Brasile consuma il 60% di tutta la coca esportata dalla Bolivia.

Che il consumo di cocaina sia un effetto collaterale della crescita economica lo dimostrano anche i rapporti delle Nazioni unite, secondo cui i 2 terzi di tossicodipendenti nel mondo si trovano oggi al di fuori dei paesi industrializzati. Ad esempio, l'uso della cocaina negli Stati Uniti è diminuito del 40% tra il 1999 e il 2009, ma al contempo è aumentato enormemente in Africa e America Latina; allo stesso modo, il consumo di eroina si è stabilizzato in Europa ma sta crescendo nei paesi emergenti, mentre l'ecstasy da Europa e Usa si sta rapidamente diffondendo nel Sud Est asiatico, in America Latina e nei paesi caraibici.

Ad agevolare la diffusione, oltre all'aumentato livello di vita, è il fatto che questo si abbina a un rapido processo di urbanizzazione che facilita lo smercio grazie anche alla difficoltà delle istituzioni di controllare efficacemente i nuovi territori urbanizzati. In questo processo il Brasile detiene certamente il primato e il fatto che una dose di crack costi quanto un pacco di biscotti fa sì che la diffusione si moltiplichi anche tra i ceti meno abbienti. A volte gli interventi repressivi hanno addirittura effetti opposti a quelli desiderati.

Prendiamo il caso di Rio de Janeiro: nelle favelas, culla dei trafficanti di droga, fino a sei anni fa il crack non esisteva. Ma le autorità, nello sforzo di sostenere la candidatura della città per l'organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014 e delle Olimpiadi del 2016 hanno cominciato a usare la mano pesante nelle favelas contro il traffico di cocaina. Per riparare al danno economico i boss locali hanno allora cominciato a introdurre il crack: costa poco, ma si guadagna sulla quantità. E così in pochi anni questa droga ha dilagato in tutte le città brasiliane. Proprio due dei centri di maggiore spaccio di crack, le favelas di Jacarezinho e Manguinhos a Rio, sono stati espugnati di recente con un blitz quasi cinematografico: ottocento uomini della polizia militare e dei corpi speciali, elicotteri, blindati della Marina sono entrati in azione e in pochi minuti hanno preso il controllo della zona. In quella circostanza è stato arrestato anche «Rodrigao», ritenuto il nuovo boss della droga della favela di Rocinha. Negli ultimi mesi il governo brasiliano ha deciso anche di partecipare ad operazioni congiunte di polizia nei paesi vicini produttori di coca, per sradicare le coltivazioni.

Molti dubitano dell'efficacia di questa strategia visto che dopo 40 anni di lotta alle coltivazioni, Perù e Bolivia restano fra i principali produttori mondiali. Del resto i confini del Brasile sono troppo ampi per permettere un controllo accurato. Resta il fatto che per il Brasile ormai questa è una vera e propria emergenza nazionale: il governo si è trovato impreparato a questa situazione e oltre all'aumento della criminalità, il massiccio uso di droga sta mettendo in crisi anche il sistema sanitario, incapace di rispondere alla crescente domanda di assistenza per tossicodipendenti.

Lo scorso dicembre il presidente Dilma Rousseff ha varato un piano da 2,2 miliardi di dollari sia per programmi di assistenza ai dipendenti da crack sia per programmi di educazione e prevenzione. Ma rischia di essere troppo poco, troppo tardi.

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