Che idiozia demolire casa Hitler La Storia non si fa con la morale

«Oggi mi appare provvidenziale e fortunata la circostanza che il destino mi abbia assegnato come luogo di nascita precisamente Braunau sull'Inn», scrive Adolf Hitler in Mein Kampf. La cittadina austriaca gli «sembra il simbolo di una grande missione perché è alla frontiera di due Stati tedeschi», la cui riunione è «un compito fondamentale che va realizzato a tutti i costi». Hitler riuscì nell'intento, con l'Anschluss del 1938, ma oggi gli austriaci non gliene sono grati, né Braunau è fiera di avere dato i natali al simbolo della malvagità e della follia umane.
Tuttavia neanche lì, è presumibile, sono contenti dell'idea avuta da un parlamentare russo putiniano - Franz Klinzewitsch, secondo la trascrizione tedesca - che sta raccogliendo i 2.200.000 euro necessari per comprare il grande edificio al numero 15 della Salzburgerstrasse: era una locanda, quando Hitler vi nacque, alle 18.30 del 20 aprile 1889. Klinzewitsch, infatti, la vuole comprare per abbatterla.
L'idea non è nuova, anzi è antichissima. Da sempre i vincitori distruggono i simboli e i luoghi simbolici del nemico sconfitto. È nella memoria di tutti che, al motto di delenda Carthago, la civiltà romana distrusse la capitale del nemico vinto e - per non farci ricrescere nulla - cosparse il luogo di sale. A scuola pensavano che, in realtà, i romani non ne potessero più di Catone il Censore, che fineva ogni suo discorso in Senato, di qualunque argomento trattasse, con la frase «Ceterum censeo Carthaginem delendam esse». Invece si trattava appunto di una specie di rito sacro e purificatore: ancora presente, evidentemente, nella natura umana, specie in quella forse irsuta del deputato russo, fra l'altro capo dell'associazione dei reduci dell'Afghanistan.
La cultura dell'Europa occidentale oggi è, per fortuna, diversa. Anche alla caduta dela fascismo si distrussero un po' di fasci sui monumenti e sui muri, ma ci si guardò bene dall'abbattere Palazzo Venezia (che oggi è una magnifica sede museale) o la casa natale del duce, divenuta un centro di attrazione più folcloristico che pericoloso.
La cultura dell'Europa occidentale è più rispettosa della memoria - e della proprietà privata - di quanto lo siano gli ex sovietici. Nel dopoguerra la casa dove nacque Hitler venne restituita ai proprietari, che prontamente la riaffittarono alle istituzioni, desiderose che non diventasse chi sa che luogo di nostalgia: prima fu biblioteca, poi banca, poi scuola e attualmente è sede di un'associazione a favore degli invalidi.
Nella civilissima Austria si pensò a lungo di mettere sull'edificio una targa commemorativa, ma la civilissima proprietà si oppose, e un tribunale le dette ragione: non solo si sarebbe violata la proprietà, ma la si sarebbe messa a richio di attentati filo o antinazisti. La vicenda venne risolta nel 1989 (centesimo anniversario di Hitler, oltre che anno del crollo sovietico) piazzando lì davanti una pietra, proveniente dal campo di concentramento di Mauthausen, con l'iscrizione «Per la pace, la libertà / e la democrazia. / Mai più fascismo. / Milioni di morti rammentano».


Abbattere l'edificio non sarebbe meglio, è un'idea fessissima. Ma è un'idea che fa una gran pubblicità, a costo zero, allo sconosciuto deputato russo, che oggi compare sui giornali di tutto il mondo. Buon pro gli faccia.
www.giordanobrunoguerri.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica