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Boston, la dolce vita di Tamerlan fra feste e abiti griffati

Nel Caucaso ricordano il maggiore dei due fratelli ceceni coinvolti nella strage. E la sua trasformazione improvvisa. Negli Usa fermati due kazaki amici dei fratelli Tsarnaev

Boston, la dolce vita di Tamerlan fra feste e abiti griffati

Mosca - A Makhachkala, una città calda fra le montagne del Caucaso, ricordano così Tamerlan Tsarnaev, uno dei due uomini accusati per le bombe di Boston: «Era un dandy, dormiva sino alle tre del pomeriggio, passeggiava sotto casa con i suoi vestiti eleganti, con gli stivali estivi, stivali di pelle bianca bucherellati». È su quelle strade che gli investigatori russi e i reporter dei grandi giornali stranieri cercano qualche indizio che aiuti a risolvere la strage, o che serva almeno a spiegarla. Per adesso non c'è niente di interessante: s'indaga sui mesi che Tamerlan ha passato fra il Daghestan e la Cecenia nel 2012, con pazienza e qualche soffiata si cerca di ricostruire la mappa degli spostamenti, ma esce il ritratto di un ragazzo sbruffone più che la storia di un terrorista islamico.

Lo stesso si legge sulle cronache che arrivano dagli Stati Uniti: in attesa di avere qualche risposta da Dzhokhar Tsarnaev, il fratello minore di Tamerlan, quello che ha partecipato all'attacco di lunedì scorso, che è ancora vivo e che si trova sotto stretta sorveglianza in un ospedale di Boston, i poliziotti hanno fermato due ragazzi di origine kazaka che avevano rapporti con i ceceni delle bombe ed erano stati anche loro ex compagni di studi. E anche in questo caso non si sono trovati di fronte uomini educati nei campi di Al Qaida, ma due giovanotti tamarri e un po' allucinati.

Di fronte alla loro casa a Boston c'era una Bmw 330 con la scritta «Terrorista #1» al posto del numero di targa, e sui sedili gli agenti hanno trovato un paio d'occhiali Ray Ban, uno scontrino di Ralph Lauren, bottiglie di plastica e una montagna di tagliandi per il parcheggio. I vicini di casa non hanno mai notato niente di sospetto, nessun comportamento diverso rispetto agli altri ventenni americani, e questo significa feste, qualche lamentela per la musica alta e niente di più, quindi nel quartiere sono rimasti tutti stupiti quando hanno visto gli agenti con le armi in pugno entrare nella casa. A quanto pare non ci sono sospetti sui due kazaki, che sono stati interrogati dalla polizia e hanno chiesto aiuto alla loro ambasciata, ma sarebbero già liberi.

E forse la loro vita non è molto diversa neppure da quella di Tamerlan, che è stato ucciso venerdì durante la fuga con il fratello. Mercedes bianca, camicia aperta, camminata alla Travolta, faceva boxe in una palestra di Boston ed era considerato una promessa prima che la carriera finisse in una specie di limbo, che la fidanzata lo denunciasse per aggressione e la madre lo spingesse verso l'islam per evitargli un futuro di alcol e marjuana.
È stato allora che Tamerlan ha lasciato le feste, che ha cominciato a visitare la moschea, che ha litigato con un imam che chiedeva ai fedeli di ricordare Martin Luther King. E questa svolta impensieriva i familiari, faceva sorridere le sorelle e preoccupare il padre, aveva fatto sbottare uno zio che lo chiamava «loser», gli diceva che era uno «sfigato», e di fatto aveva tagliato ogni rapporto con il nipote.

Nei fratelli di Boston manca quel particolare che sinora ha reso simili tutti i terroristi islamici, ancora non si scorge in modo netto il rifiuto violento della modernità, il canone della dottrina, l'incrocio assurdo fra fede e guerra.

Qui per ora si vedono soltanto ventenni che pensano alle auto veloci e alle pose da gangster, gente che gioca al terrorista e poi magari lo diventa davvero.

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