Gli ex nemici di Sarajevo fanno la colletta per aiutarsi

I veterani croati e bosniaci raccolgono 5.000 euro per i serbi che nel 1992 gli sparavano addosso e sono rimasti senza pensione

Gli ex nemici di Sarajevo  fanno la colletta per aiutarsi

Il palazzone bianco del Parlamento di Sarajevo era annerito dagli incendi provocati dalle granate. Nel 1992, alto e sventrato, venne trasformato in una trincea dei difensori bosniaci di fronte all'assedio. Fra le sue macerie un cecchino croato ci raccontò la storia dell'amico d'infanzia serbo. Vivevano nello stesso condominio e a scuola erano compagni di banco. Anche a pallone giocavano assieme e restarono amici per la pelle pure in polizia, dove diventarono entrambi tiratori scelti.

Con lo scoppio della guerra in Bosnia, costata centomila morti, si erano fulmineamente separati lungo le linee di divisione etnica. Dalle trincee del Parlamento i due cecchini avevano cominciato a darsi la caccia. Fino a quando i vecchi amici non si sono inquadrati nel mirino del fucile di precisione. Dopo un attimo di esitazione hanno tirato tutti e due il grilletto. Quello croato, che ci ha raccontato la storia, era rimasto ferito di striscio alla testa vistosamente fasciata. Del serbo non si è più saputo nulla.

Forse è solo una leggenda di guerra, ma 20 anni dopo la tragedia di Sarajevo i nemici che si odiavano hanno cominciato a scrivere un piccolo, ma importante capitolo di solidarietà. I veterani del conflitto più fortunati, croati e bosniaci, che ricevono qualche soldo di pensione, hanno deciso di fare una colletta per aiutare chi ha combattuto ed è stato abbandonato dall'altra parte della barricata.

Lo scorso gennaio Slavko Rasevic, un ex soldato serbo bosniaco, è stato il primo a venir segnalato come beneficiario della colletta organizzata dai suoi ex nemici. Cinque euro ciascuno da parte di croati e bosniaci a favore di un fondo per i veterani serbi. Dei primi cinquemila euro raccolti Rasevic doveva riceverne 500 e altri 60 euro ciascuno sarebbero andati a 60 veterani serbi.

L'ex combattente fa parte dei 1750 militari mandati a casa con una legge del 2010 che serviva a ringiovanire le forze armate bosniache. Problemi politici e mancanza di fondi hanno congelato i pagamenti delle pensioni di molti militari di tutte le etnie. A tal punto che poche settimane fa gli ex combattenti bosniaci hanno sfilato a Sarajevo per protestare contro il governo e sono iniziati gli scioperi della fame.

Rasevic era stato arruolato a 20 anni all'inizio del conflitto etnico. Per sopravvivere dopo il pensionamento, senza assegno, è costretto a «rubare» la corrente elettrica ai vicini di casa e non ha i soldi neppure per pagare l'autobus ai tre figli per mandarli a scuola. Dopo la guerra aveva continuato a servire come militare di professione nella nuova Bosnia in cerca di un futuro.

I soldati croati e bosniaci, più fortunati, che ricevono la pensione hanno organizzato una colletta per aiutare lui e altri serbi. Quando Rasevic è stato informato della colletta ha espresso «grande rispetto» per gli ex nemici. La storia, rivelata dall'Associated press, è un piccolo segnale di superamento dell'odio scavato dalla guerra. Rade Dzeletovic che si è occupato del fondo serbo per i veterani è stato esplicito: «È incredibile. A 16 anni i politici ci hanno aizzato a massacrarci e adesso la loro ignoranza ed incapacità ci porta ad aiutarci».

Sarajevo, da oggi fino a domenica, ricorda i 20 anni dall'inizio dell'assedio nell'aprile 1992. I giornalisti che lo hanno vissuto si ritrovano all'Holiday Inn, l'hotel simbolo della capitale bosniaca, che nonostante le cannonate era uno dei bivacchi della stampa internazionale nei tre anni di guerra. Il viale maresciallo Tito che porta all'albergo, dove si faceva slalom fra i tiri dei cecchini, ha mantenuto lo stesso nome.

Sarajevo e la Bosnia sono cambiate nascondendo le ferite del 1992 per guardare avanti, ma le braci di un odio etnico antico che ha provocato un conflitto terribile continuano a covare sotto le ceneri.

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