Il Giappone ci ripensa e torna al nucleare

Bollette troppo care. E il governo riscopre il ruolo "strategico" dell'atomo: dietrofront dopo Fukushima

Volontaria al lavoro davanti al poster del premier Shinzo Abe
Volontaria al lavoro davanti al poster del premier Shinzo Abe

Il Giappone ci ripensa e ufficializza il suo cambio di rotta: il nucleare ha un ruolo strategico nel soddisfare la domanda di energia, malgrado la crisi irrisolta di Fukushima. L'impegno per l'atomo a uso civile, espresso dal premier nipponico, Shinzo Abe, e dal presidente francese, François Hollande, durante il loro recente incontro a Tokyo, è stato soltanto un ulteriore segnale di un ripensamento inevitabile.
Il piano di crescita sostenibile, approvato ieri dal governo come terza «freccia» della Abenomics, la ricetta per il rilancio economico voluta da Abe, cancella il progetto del precedente esecutivo, guidato dal partito Democratico, sul progressivo distacco dal nucleare in 40 anni, definito «Opzione zero».
Il via libera alla riaccensione dei reattori sarà rilasciato solo dopo la verifica della serie di nuovi requisiti che saranno introdotti a luglio e che finiranno nel raggio di azione della Nuclear Regulation Authority, l'autorità unica sulla sicurezza. Il governo, si legge nel corposo piano, già ribattezzato «Japan is Back» (Il Giappone è tornato) andrà «avanti col riavvio» dei reattori e lavorerà «per ottenere l'approvazione e la cooperazione» di amministrazioni locali e residenti.
Allo stato, sui 50 reattori totali presenti nell'arcipelago, solo due (della centrale di Oi, nella prefettura di Fukui) sono operativi, dato che la scorsa estate c'era il rischio blackout nella ricca regione del Kansai. Il blocco del nucleare sulla scia di Fukushima ha comportato l'impennata dell'import di combustibili fossili per le centrali termiche, con l'aggravio degli oneri sulla bolletta energetica nazionale e i conti in profondo rosso delle nove utility con impianti atomici. A stretto giro dalla decisione dell'esecutivo, la Kansai Electric Power (Kepco) ha reso noto che presenterà la domanda «per far tornare» in produzione quattro reattori nucleari nella prefettura di Fukui: le unità 3 e 4 di Oi (su cui pende il giudizio di una faglia attiva) e le 3 e 4 di Takahama. Il numero uno della società, Makoto Yagi, a capo anche della Federazione elettrica, ha detto che sono stati fatti «progressi significativi nel rispetto dei nuovi standard», uscendo per la prima volta allo scoperto.
Il clima è cambiato: il governo vuole esportare impianti nucleari per circa 2.000 miliardi di yen (circa 16 miliardi di euro) al 2020 dagli attuali 300.

In Turchia, Abe ha siglato un accordo da 22 miliardi di dollari (una joint-venture tra la francese Areva e la nipponica Mitsubishi Heavy Industries) e prepara un road show nell'Est Europa. Anche oggi, come ogni venerdì, intorno all'Ufficio del primo ministro e al parlamento sono andate in scena le proteste di migliaia di attivisti anti-nucleare. Più rumorose del solito.

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