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Ma il Grande Fratello Usa ferma Al Qaida

Intercettata una "conference call" tra terroristi, sventaco attacco agli oleodotto in Yemen

Ma il Grande Fratello Usa ferma Al Qaida

Se c'è una cosa che ha funzionato in tutta la vicenda del complotto di Al Qaida che ha fatto chiudere 22 ambasciate americane, è proprio il tanto vituperato sistema di intercettazioni che Edward Snowden si è pregiato di portarsi via (circa 20mila documenti!) accusando gli USA di voler controllare la vita dei suoi cittadini, e che potrebbe adesso cadere nelle mani di Putin, diventato il miglior amico di Snowden.

Per il resto la sensazione è quella della debacle, e la debacle americana è sempre anche la nostra quando si parla di guerra la terrorismo. Al Qaida si è permessa persino una «conference call», appunto quella intercettata dalla CIA, di ben 20 leader sparsi per il mondo. Lo scenario non è quello di una qualunque macchina esplosiva, per quanto terribile, ma in questo caso, si viene a sapere in queste ore, della presa del potere in un Paese mediorientale ormai devastato da traffici di armi, di denaro, di ferocia, del terrorismo internazionale, un Paese fallito come lo Yemen, e quindi molto adatto a diventare un nuovo Afghanistan, un nascondiglio grande come uno Stato da cui conquistare nuovi Stati: infatti il governo yemenita ieri ha annunciato di avere appena sventato un autentico colpo di Stato di Al Qaida, che prevedeva la conquista delle città di Al Mukalla e di Ghayl Bawazir, snodi del commercio petrolifero. Se fosse fallito il piano di attacco al terminal di Mina al Dhaba, cuore dell'operazione, Al Qaida avrebbe dovuto prendere in ostaggio gli esperti stranieri.

Difficile dire se questo fosse il centro del timore americano, ma nel caso, perchè sgombrare 22 ambasciate e non occuparsi solo dello Yemen? Di fatto così è accaduto per l'Inghilterra e la Germania. La risposta sembra essere che ormai la paura americana è vasta come l'estremismo islamista. È una paura da incertezza e smarrimento pratico e ideologico di fronte all'immenso pericolo di instabilità e di stragi che ormai sovrasta il Medio Oriente. La sua inelaborabilità deriva dal rifiuto di Obama di ammettere che una guerra come quella in corso dalla Siria all'Egitto, dallo Yemen alla Libia alla Tunisia propone la questione di una politica mediorientale coraggiosa. Obama prima ha pensato che la democrazia delle rivoluzioni avrebbe posto fine al terrorismo, ha sostenuto la Fratellanza Musulmana pensando fosse moderata, e in parte seguita a farlo. Intanto la Siria è in maniera del tutto evidente un nuovo punto di raccolta del qaedismo sunnita internazionale,una bomba al fulmicotone, mentre Hezbollah, agli ordini dell'Iran, si conferma di giorno in giorno la nuova Al Qaida sciita. Clinton non sarebbe andato a uno show in tv durante la crisi di Cuba, mentre pesava sui suoi compatrioti la minaccia di una potenza nemica ed egli aveva la responsabilità di difendere i suoi cittadini. Invece Obama è andato allo show tv della CBS di Jay Leno, icona dell'ironia scanzonata, e ha spiegato che non c'è stata «nessuna reazione esagerata da parte degli Stati Uniti con la chiusura di ambasciate e consolati», che la minaccia di attacchi «è significativa», e che nonostante il contrattacco americano, l'organizzazione terroristica, contro la sua stessa dichiarazione elettorale, gode di ottima salute. Ottime notizie, che, secondo il presidente degli Stati Uniti, dovrebbero giustificare la chiusura delle sue ambasciate.

In realtà, dopo gli attacchi alle carceri in Iraq, in Libia, in Pakistan, nell'anniversario di Mumbai, Gluboky, Giakarta, e la memoria quindicennale di Nairobi e Dar Es Salaam, nel giorno di Ramadan.. dopo l'uccisione dell'ambasciatore a Bengasi, Obama ha alzato le mani. L'organizzazione sembra avere ormai una delle sue sedi centrali nello Yemen, sotto il comando di Nassar al Wahishi. L'AQAP, così si chiama l'organizzazione, è certo capace di operazioni decise autonomamente, e così anche Jabat al Nusra in Siria e altre ancora in Tunisia, nel Sinai, ovunque. Le conference call possono stabilire certo un legame, ma più ideologico che operativo.

Al Zawahiri, dopo l'uccisione dei suoi capi militari, sembra isolato in Pakistan, a rimirare i successi del suo esercito in movimento.

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