La grande fuga da Al Jazeera: "È il megafono delle dittature"

Nonostante gli ottimi stipendi, da Parigi al Cairo giornalisti e anchor del network lasciano in polemica con la linea editoriale. "Asserviti al potere, specie se islamico"

La grande fuga da Al Jazeera: "È il megafono delle dittature"

C'è una storiella che piace ai dirigenti di Al Jazeera, la onnipotente rete del Qatar, la voce forgiata sull'ambizione e l'hybris dello sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, che la fondò quindici anni fa, una delle prime mosse dopo aver dolcemente deposto suo padre e averne preso il posto. Dice la storiella: Nasser, Sadat e Mubarak chiedono l'uno all'altro che cosa ne abbia decretato la fine. Nasser dice «Il veleno»; Sadat dice: «Le pallottole degli assassini»; E Mubarak risponde: «Al Jazeera».

Di certo per anni sia i giornalisti di lingua inglese che quelli arabi che fanno capo alle sue 65 sedi, forse addirittura tutti e 3000 i membri dello staff consapevoli dei loro 260 milioni di telespettatori, sono stati ipnotizzati dall'aura rivoluzionaria che più variegata non potrebbe essere: dagli slogan di Bob Dylan e di Ghandi iscritti sulle mura del palazzo centrale di Doha, fino alla malcelata simpatia col terrorismo. Ma qualcosa sta cambiando, forse. È stata probabilmente l'inopinata ingessatura di un corpo redazionale che si sentiva parte di un gran moto libertario e che invece si è trovato a fianco dei nuovi poteri islamisti dopo le rivoluzioni: il risultato è che i giornalisti di Al Jazeera se ne vanno a frotte dall'emittente del Qatar nonostante gli ottimi stipendi. Il fenomeno, i cui particolari sono stati registrati dal giornale tedesco Spiegel, coinvolge dal famoso corrispondente da Berlino Aktham Suliman ai corrispondenti da Parigi, Londra, Mosca, Beirut e il Cairo. La spiegazione di Suliman è fra le più precise, e si riferisce in particolare all'Egitto, il Paese in cui Al Jazeera, divenuta nemico personale del regime, fu parte integrante dell'eruzione di Piazza Tahrir. Ora Suliman racconta che i dirigenti della tv vogliono che i decreti del presidente Morsi (leader dei Fratelli Musulmani) siano riportati come perle di saggezza: «Un approccio così dittatoriale sarebbe stato impensabile prima, in Egitto siamo diventati la voce del palazzo».

Andarsene è un'ottima scelta in queste circostanze. Ma com'è che i giornalisti non si erano accorti prima che il Qatar ha sempre gestito con diabolica maestria i suoi interessi proprio nel ruolo di araldo delle rivolte? La descrizione delle masse, infatti, si dice fosse spesso accompagnata da aiuti per le leadership; ultimamente l'uccisione di un giornalista nelle fila dei ribelli siriani, ucciso più nella veste di militante che in quella di reporter, ha fatto molto discutere. Dalle sue prime mosse Al Jazeera è stata anti israeliana fino alla lode dei terroristi durante la seconda Intifada, anti americana fino a essere il megafono delle parole di Bin Laden. Al Jazeera, sempre così virtuosamente avversa al potere, ha nascosto la rivoluzione in Bahrain perché il potere sunnita faceva fuori i ribelli sciiti.
Invece in genere i suoi pupilli sono Fratelli Musulmani, sunniti. Essi si sono stabiliti in Qatar in tre ondate, nel '54 (fuga da Nasser), nell'82 (fuga da Hafez Al Assad di Siria) e nel 2001, via dall'Arabia Saudita. Il giornale Maamun Fendi, egiziano, sostiene che il 50% del personale di Al Jazeera è della Fratellanza, che contribuisce molto alla linea. È un abbraccio salvifico per il Qatar, che oltre a salvaguardare le sue immense riserve energetiche, difende così il potere degli estremisti islamici. Il Qatar insomma è una vero mago nella manipolazione delle dinamiche mediorentali, che cerca di determinare con questa magnifica spada mediatica. Anche l'asse Iran, Hezbollah, Hamas non è stato trascurato nonostante sia sciita: durante la guerra israelo-libanese funzionò da puro megafono degli Hezbollah, con pezzi pieni di menzogne; ha invitato a Doha Ahmadinejad, sostiene Hamas con molto denaro. Il denaro è la sua forza, e il confine del suo potere è l'orizzonte.

Adesso, per comprare la tv di Al Gore negli Usa, lo sceicco al Thani sta sborsando 500 milioni di dollari. I suoi giornalisti se ne vanno? E lui ha fatto un bando per assumerne in America altri 160. Ha avuto 8000 richieste. Potenza della crisi dell'informazione e anche del cinismo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica