Nessuna molotov per ora. La redazione francese di Charlie Hebdo è semplicemente impegnata a fare il proprio mestiere: stampare una nuova edizione con le vignette su Maometto e tornare in edicola venerdì. Al Giornale, il caporedattore del settimanale conferma che «le proteste di alcune associazioni islamiche di Francia non possono fermare il lavoro dei giornalisti, altrimenti è finita. Se l'attualità ha l'islam al centro del dibattito, Charlie Hebdo se ne deve occupare al pari di altri e a modo suo: con disegni, vignette e didascalie», dice Gérard Biard.
Così il settimanale sarà in edicola con gli stessi disegni anche venerdì?
«Certo, perché anche se le copie sono esaurite, sappiamo che molti di quelli che gridano all'insulto non le hanno neppure viste, perché non si trovano in giro. Sono dentro il giornale, che non hanno sfogliato, e se si guarda la copertina non c'è niente di offensivo né verso l'islam, né verso Maometto. In Prima non c'è Maometto, ma un musulmano. All'interno nessuna vignetta razzista, ma nessuno può chiederci di cambiare il nostro modo di fare giornalismo».
Qualcuno sembra averlo chiesto, seppur implicitamente. Per esempio il ministro degli Esteri Fabius. Hollande non si è ancora pronunciato, dovrebbe?
«Certo che dovrebbe, visto che nel processo per le vignette danesi si era presentato in tribunale per difendere la libertà di espressione. Nicolas Sarkozy in passato è stato molto più attento a difendere questo diritto presente nella Costituzione.
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