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La Hollywood africana messa in fuga dall'islam

Una fatwa spinge la città del cinema a trasferirsi dalla Nigeria al Burkina Faso. Anche perché hanno cominciato a sparare. Sugli spettatori...

La Hollywood africana messa in fuga dall'islam

«Gli attori e le attrici somigliano a scimmie che con i loro atteggiamenti immorali offendono Allah». La fatwa di Aliyu Tashaku, tra i leader di Boko Haram, ha colpito una delle più importanti (e meno conosciute alle nostre latitudini) industrie della Nigeria, quella cinematografica. Dopo l'americana Hollywood e l'indiana Bollywood (Oscar nel 2009 con «The Millionaire»), ecco Nollywood, il carrozzone di Madre Africa che dalla sua data di nascita, correva l'anno 1992, non sembra conoscere battute d'arresto. Sotto un aspetto artistico quello prodotto in Nigeria è un cinema di basso profilo, costruito su satire socio-politiche, oppure su storie di gelosia, stregoneria, religione, vendetta, petrodollari e insicurezza, con sceneggiature sommarie e ricche solo di colpi di scena. Il pubblico tuttavia apprezza e si identifica nelle fiction.

Una telecamera digitale, una manciata di denaro, poco tempo e tanto ingegno: sono gli ingredienti che bastano per produrre circa 2mila pellicole ogni anno, con un giro d'affari che si aggira sui 450 milioni di dollari e 200mila persone impiegate tra attori, registi e maestranze. Tutto questo però rischia di sprofondare sotto i colpi della minaccia dell'islam radicale. Boko Haram, che nonostante la recente tregua tiene in scacco il nord del Paese, ha promulgato un editto religioso per spegnere le telecamere. Il timore di attentati si tasta con mano, tant'è che nell'ultimo anno solo il 20% di quanto prodotto da Nollywood è approdato nelle sale cinematografiche, soppiantate, per ragioni di sicurezza, dalla vendita diretta dei dvd (che costano all'incirca 2 euro nell'edizione originale). Le nuove produzioni sono distribuite il lunedì di ogni due settimane nei grandi mercati all'ingrosso di Lagos, Kanu e Onitsha. «Ci manca solo che i terroristi decidano di fare irruzione nelle case e sparare a telespettatori inermi», commenta Okey Zubelu Okoh, uno dei registi più conosciuti. Purtroppo è avvenuto pochi giorni dopo le sue parole a Dumbari, importante centro del nord est della Nigeria. Una famiglia di sei persone è stata sterminata a colpi di mitra davanti al televisore, stava guardando «Temperamental», una delle ultime produzioni. Inutile nascondere che Nollywood sta accusando il colpo, soprattutto da quando, una decina di giorni fa, a pochi passi dagli studios di Benin City un'auto carica di esplosivo è saltata in aria. Un avvertimento bello e buono. Come per altro conferma Van Vicker, 36enne attore di origini ghanesi, una sorta di Denzel Washington in salsa africana: «L'impressione è che di questo passo ci toccherà andare a lavorare altrove. Con le produzioni stiamo valutando alcune alternative». Le più papabili portano a Cotonou, capitale del piccolo ma confinante Benin, disposto ad accogliere a braccia aperte il colosso cinematografico nigeriano, ma anche a Ouagadougou, in Burkina Faso, città che tra l'altro organizza il più celebre (e celebrato) festival del cinema africano e che dispone di importanti location.

Appare molto scossa Genevieve Nnaji, l'attrice più amata in Nigeria e che ha fatto incetta di tutti i premi più importanti, in patria così come nel continente nero. Genevieve, 34 anni, medita di andare a lavorare in Europa dopo aver ricevuto minacce di morte: «Sono attrice, donna e cattolica. Il bersaglio preferito degli intolleranti religiosi - spiega - a breve incontrerò alcuni produttori a Parigi e pianificherò altrove la mia vita professionale».

Genevieve sa bene che dovrà ridimensionarsi: la prima donna del cinema nigeriano purtroppo può ambire a qualche ruolo di secondo piano nel mondo della celluloide più professionale. «Meno celebrità e guadagni? Li baratto volentieri con un'esistenza più tranquilla per me e i miei familiari».

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