Alla vigilia del terzo anniversario della rivoluzione che nel 2011 si concluse con la deposizione del raìs Hosni Mubarak, il Cairo piomba - come era purtroppo prevedibile - nel caos. Una serie di attentati con esplosivo e violenti scontri provocati dai Fratelli Musulmani, decisi a sbarrare la strada con qualsiasi mezzo all'ascesa al potere del generale Al-Sisi, hanno causato una ventina di morti.
In meno di quattro ore sono state quattro le bombe esplose nella capitale egiziana. Il più grave è stato il primo, un attentato suicida che ha preso di mira il quartier generale delle forze di sicurezza nel quartiere centrale di Bab el-Khalk, ma che ha provocato anche danni ingenti all'adiacente museo di arte islamica, considerato il più importante del mondo del suo genere. L'esplosione, provocata da un terrorista suicida che si è gettato alla guida di un camion pieno di tritolo contro la recinzione esterna del complesso militare, è stata potentissima e ha provocato la morte di quattro persone e il ferimento di circa ottanta.
Qaundo si è diradato il fumo, la scena ricordava quelle degli attentati suicidi che per anni hanno insanguinato Bagdad: un profondo cratere nel terreno e decine di persone insanguinate sul selciato. Le facciate dei due edifici erano entrambe gravemente danneggiate, tanto che all'interno del museo numerosi reperti di inestimabile valore sono stati distrutti. Il ministro per le Antichità Mohamed Ibrahim ha parlato di «una catastrofe per l'egitto e per il mondo intero», ha stimato in oltre 11 milioni di euro i danni certi subiti e ha citato tra gli oggetti andati perduti per sempre otto preziosi manoscritti.
Altri ordigni sono stati lanciati contro un veicolo della polizia presso una fermata della metropolitana in un sobborgo di Giza, a ovest della capitale, davanti a un commissariato poco distante dalle celebri piramidi e all'uscita di un cinema.
Gli scontri tra militanti dei Fratelli musulmani e forze di polizia hanno insanguinato le strade di divese località del Paese, ma ci sono stati anche casi di aggressione ai danni degli islamisti. È accaduto per esempio ad Alessandria, dove hanno gettato pietre e sparato fucili a pallini contro islamisti che marciavano dopo il funerale di uno studente ucciso il giorno prima, ammazzando un sostenitore dei Fratelli musulmani. Sono proprio gli episodi di questo genere a preoccupare maggiormente, perché segnalano la tendenza - certamente desiderata in primo luogo dagli estremisti islamici - a spaccare in due il Paese e a preparare il terreno a una guerra civile strisciante.
La giornata di oggi, dedicata alla commemorazione della rivoluzione di tre anni fa, rischia di essere tutt'altro che pacifica. Le forze di sicurezza hanno intensificato controlli e prevenzione, ma la dicono lunga in proposito i toni usati dal gruppo jihadista Ansar Bait al Makdis (Ansar Gerusalemme) - che ha rivendicato uno degli attentati di ieri - per intimare gli egiziani di non scendere oggi in piazza, «se non vogliono ritorsioni». In un comunicato diffuso dallo stesso gruppo e pubblicato dall'agenzia Mena, i jihadisti scrivono: «Se restate a casa vi assicuriamo protezione, ma se scendete per strada siamo in grado di dissuadervi».
Ad accrescere il clima di tensione c'è la diffusa sensazione che sia imminente l'annuncio della candidatura del generale al-Sisi alla presidenza della Repubblica. Tra gli slogan dell manifestazioni di ieri dei Fratelli Musulmani c'era quello contro «il nuovo regime militare e fascista di al-Sisi». Le premesse per uno scontro frontale ci sono tutte.
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