L'Armageddon si avvicina: ecco quando finirà il mondo

Allarmante studio della Nasa. Tra meno di mezzo secolo il mondo potrebbe già collassare

L'Armageddon si avvicina:  ecco quando finirà il mondo

Arriva dall'America un allarmante studio finanziato dalla Goddard Space Flight Center della Nasa. Secondo la National Socio-Environmental Synthesis Center, qualora le risorse e lo sfruttamento non fossero regolarizzati, la fine del mondo potrebbe arrivare in un lasso di tempo brevissimo: appena vent'anni. Le cause sarebbero da ricercare nello sfruttamento del territorio e nel sempre maggiore divario che divide ricchi e poveri.

Col ciclico boom dell'industrializzazione, l'uomo ha consumato sempre più risorse senza curarsi della quantità di materia a disposizione. Secondo Safa Motesharrei, membra del SESYNC, se non sarà regolarizzato l'uso delle risorse, entro breve tempo il sistema crollerebbe: dall'economia alle infrastrutture, dagli stati ai regni, tutto scomparirebbe. E la popolazione umana verrebbe spaccata in due: da una parte la gente comune (povera) dall'altra i ricchi. La ricerca è basata su un modello chiamato Handy (Human And Nature DYnamical) che, attraverso equazioni matematiche e storiche, delinea una mappa delle cause di deflagrazione dei maggiori imperi nella storia dell'uomo. "La caduta dell’impero romano - si legge nel sito - e dell’altrettanto (se non più) avanzato imperi Han, Maurya e Gupta, così come tanti imperi mesopotamici progrediti, sono tutte testimonianze del fatto che andando avanti le civiltà sofisticate, complesse e creative, possono essere sia fragili che non permanenti". Guardando al passato, i ricercatori hanno trovato cinque fattori comuni che porteranno alla fine del mondo: popolazione, clima, acqua, agricoltura ed energia. Mescolando insieme i fattori, Motesharrei è riuscita a individuare due cause fondamentali. La prima, la riduzione delle risorse a causa della pressione sulla capacità di carico ecologico, con conseguente crack di tutti i modelli di business conosciuti. La seconda lo stratificarsi delle classi.

In questo quadro critico, secondo la ricercatrice, gli scenari possibili sono due. Nel primo, i ricchi continueranno a espandersi e sfruttare condannando, nel giro di mille anni, il resto del mondo a morire di stenti. La fine quindi non arriverà per colpa della natura, ma per la perdita di lavoro e di speranza. Nel secondo caso è previsto un declino più graduale in cui anche i ricchi sarebbero destinati a capitolare: né soldi né risorse potrebbero più salvarli. Nonostante il loro potere, i ricchi cadrebbero in cinquecento anni, se non meno.

"Il collasso può essere evitato e la popolazione può raggiungere l’equilibrio se il tasso pro capite di esaurimento della natura viene ridotto ad un livello sostenibile e se le risorse vengono distribuite in modo abbastanza equo", conclude la Motesharrei avvertendo però che, ancora per poco, la popolazione mondiale potrebbe salvarsi con una inversione di marcia. Secondo gli scienziati, un controllo sulla natalità, una maggiore distribuzione delle risorse e delle ricchezze, un marcato interesse nei confronti del pianeta e una regolarizzazione dello spreco dell'acqua potrebbero portare ad una soluzione.

"Il modello Handy - suggerisce Motesharrei - offre una più che credibile "svegliata" agli Stati, alle corporazioni e al business, ma anche ai consumatori, per capire che il modello di "Business as usual" non può più essere sostenuto".

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