Che fossero precisi era già noto a tutto il mondo. Che fossero anche campioni di stakanovismo un po’ meno. Almeno fino a ieri, quando la maggioranza degli svizzeri ha opposto un secco rifiuto all’idea di aumentare da quattro a sei le settimane di vacanza in un anno. La proposta era contenuta in uno dei quesiti referendari sui quali la popolazione è stata chiamata a votare. Quello relativo alle ore di lavoro si intitolava «Sei settimane di vacanze per tutti» ed era stato proposto dai sindacati elvetici per aumentare la disponibilità di tempo libero. Ma loro, i diretti interessati, non ci hanno pensato due volte e, così come fatto in precedenza da governo e maggioranza parlamentare che già si erano espressi contro l’iniziativa, hanno risposto «no». Lo ha fatto ben il 66,5 per cento degli aventi diritto al voto, provenienti da tutti i Cantoni.
Tanta disciplina ha lasciato di stucco solo gli stranieri, che per la prima volta hanno visto un intero popolo schierarsi compatto contro l’idea di godere di maggiore tempo libero. Perché in Svizzera i sondaggi avevano ampiamente previsto l’esito della consultazione. Proprio come era già avvenuto in altre due occasioni in passato, nel 1985 e nel 2002, quando altri due no avevano bloccato la riduzione della durata del tempo di lavoro. Ma non sono solo i precedenti a spiegare questo sorprendente risultato. A parte la naturale propensione alla produttività - che per molti svizzeri è impressa nello stesso dna - ci sono anche ragioni di natura economica: in tempi di crisi rinunciare a due settimane di lavoro sarebbe apparso ingiustificabile agli occhi di un popolo che ha fatto della precisione e dell’operosità la propria bandiera nel mondo.
Il quesito era molto chiaro: chiedeva di aumentare gradualmente, nell’arco di sei anni, da quattro a sei il numero legale minimo di settimane di vacanza per tutti i lavoratori. Chi l’ha proposto - principalmente i sindacati di sinistra - ha visto in questa proposta la ricetta per contrastare il crescente stress dei dipendenti elvetici. Chi l’ha contrastata - imprenditori e associazioni sindacali di destra - ha letto, al contrario, il pericolo di una brusca contrazione della competitività del Paese. Competitività, che evidentemente, sta più a cuore di un bel viaggio intorno al mondo.
Maggiore apertura mentale hanno dimostrato, invece, gli abitanti di Zurigo. Gli unici ad aver votato «sì» all’idea di creare piccoli «box» a disposizione delle prostitute di strada. I garage dell’amore sono stati accettati dal 52,6 per cento dei residenti: saranno allestiti su alcuni terreni in disuso per permettere alle lucciole di appartarsi con i clienti senza aspettarli per strada. Sempre con favore è stato accolto il terzo quesito.
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