Nella storia della Quinta Repubblica, non era mai accaduto che il gradimento di un Capo dello Stato, neppure nei momenti più difficili, scendesse sotto il 30%. Ebbene, ora è successo: dopo che già, una settimana fa, la popolarità di François Hollande era precipitata al 21%, ieri è scesa di altri sei punti, a un miserevole 15%. «Se andiamo avanti di questo passo - ha commentato sarcasticamente Le Parisien - tra un mese per trovare un estimatore del presidente avremo bisogno della lanterna di Diogene». Il povero Hollande è stato perfino fischiato, l'11 novembre scorso, durante una cerimonia commemorativa davanti alla statua del Milite ignoto. Ormai i francesi, compresi quelli che appena 18 mesi fa lo hanno votato, gli rinfacciano tutto ciò che va male: una «economia minacciata di coma», una disoccupazione record, la pressione fiscale più elevata tra i grandi Paesi d'Europa. L'accusa più originale, e micidiale per un socialista, è forse quella di «autismo», cioè della incapacità di collegarsi con la gente e comprenderne i problemi.
Ma il caso Hollande non è isolato. Se è vero che mal comune è mezzo gaudio, il presidente francese può consolarsi con i sondaggi degli altri capi di Stato e di governo occidentali. Siamo di fronte a un vero e proprio «crepuscolo degli dei», alla caduta verticale di popolarità di tutti coloro che sono al potere. Per la prima volta dalla sua elezione nel 2008, per la maggioranza degli americani (il 54%) Barack Obama «non è meritevole di fiducia» e solo il 39% - primato negativo assoluto per un presidente degli Stati Uniti - crede ancora in lui. Sebbene l'economia degli Usa vada meglio di quella dell'Unione Europea e il tasso di disoccupazione sia inferiore di addirittura cinque punti, i cittadini gli rinfacciano le difficoltà, ripudiata anche da una parte dei parlamentari democratici e criticata perfino da Bill Clinton. Per cercare di rimediare agli errori compiuti, ieri il presidente ha fatto un'umiliante marcia indietro, accettando in pratica il rinvio di un anno della legge richiesto dai repubblicani e chiedendo scusa sia per il tracollo del sistema elettronico di registrazione, sia per gli inconvenienti procurati a molti assicurati. Nell'elettorato d'opinione, pesa anche la sensazione che, sotto la guida di Obama e dei suoi collaboratori, l'America stia perdendo posizioni nel mondo, irritando i vecchi amici (l'Europa per lo spionaggio elettronico, Israele e l'Arabia saudita per il riavvicinamento all'Iran, gli asiatici per la scarsa resistenza all'invadenza cinese) senza farsene di nuovi. «L'uomo infila un errore dopo l'altro. Partito con la fama del nuovo Messia e subito insignito di un Nobel per la pace basato solo sulle aspettative» ha scritto il Wall Street Journal «Obama rischia di finire il mandato come il peggior presidente dell'ultimo mezzo secolo».
I dati riguardanti gli altri maggiori leader sono altrettanto allarmanti. Secondo l'ultimo sondaggio disponibile il rapporto tra contenti e scontenti dell'operato del premier Cameron era di 38 a 53. La popolarità del primo ministro spagnolo Rajoy, che aveva stravinto le ultime elezioni e ha fatto del suo meglio per risanare l'economia del Paese, è precipitata al 24% anche in seguito a uno scandalo che lo ha sfiorato. Gli unici a salvarsi, nel senso di godere ancora il consenso di più di metà della popolazione, sono la cancelliera Merkel e il primo ministro giapponese Abe, ma anche per loro la curva è discendente.
In un momento difficile per tutti, in cui la gente tende naturalmente a scaricare sui governanti i propri guai, il fenomeno è comprensibile. Mai, tuttavia, aveva assunto le proporzioni attuali, sollevando l'interrogativo di quali conseguenze avrà sulla governabilità delle nazioni. Se è già difficile imporre gli indispensabili provvedimenti impopolari quando si è rispettati, diventa quasi impossibile se non si gode più della fiducia della gente.
I critici, di solito identificati genericamente con i populisti (o con i Tea Party in America) hanno gioco facile. Presto, comunque, avremo la verifica: nella Ue con le elezioni per il Parlamento europeo (maggio) e in Usa con quelle per il Congresso (novembre).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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