Cos'hanno in comune le t-shirt e i pantaloni modello «basic» in vendita nelle grosse catene, i peluche della grande distribuzione, i cosmetici di fascia bassa e tutta quella serie di gadget sportivi - dal cappellino al portachiavi multifunzionale - che si vendono nelle grosse catene dei supermercati?
Dietro molti di questi prodotti c'è un'azienda con sede a Hong Kong, la Li&Fung. Il nome è poco noto al grande pubblico, eppure è una delle più grandi al mondo nell'outsourcing. Non possiede stabilimenti propri, ma per qualunque tipo di prodotto - dalla maglietta al pupazzo - localizza nel mondo i suoi «fornitori» ideali (oggi circa 15mila in 60 Paesi diversi), cioè i luoghi dove l'oggetto in questione viene realizzato al prezzo più basso.
Appalta a questi la produzione, e poi si occupa di recapitarli ai vari Wallmart, Target e Khol's. Fa da ponte tra la vendita al dettaglio e il punto del globo dove ritiene che realizzare una certa tipologia di merce convenga di più. E siccome questo luogo può cambiare nel corso degli anni, Li&Fung non solo sfrutta la globalizzazione, ma la sposta. Facendo slittare grossi ordinativi da un posto all'altro del pianeta, a seconda di dove, in quel momento, individui i costi più bassi la produzione più veloce.
È con questa tecnica che l'anno scorso l'azienda di Hong Kong ha incassato 20 miliardi di dollari di ricavi, e può vantare un centinaio di clienti nel mondo.
Passi da gigante rispetto a quando, nel 1906, fu fondata da Fung Pak-liu, nonno di Victor e William Fung (cui Forbes Asia ha dedicato una copertina), che oggi, con la società divenuta un colosso della fornitura di vestiti e gadget, ne sono presidente onorario e operativo. Nel 2000 hanno acquisito un'azienda rivale, la Colby International, il cui fondatore, Bruce Rockowitz, adesso è Ceo di Li&Fung.
Per capire come cambiano le cose basta pensare che nel frattempo, negli ultimi trent'anni, il mercato italiano dei giocattoli ha perso il 91 per cento degli occupati: negli anni '80 nel nostro Paese erano impiegate nel settore dei giochi per bambini 47mila persone; oggi sono solo 4mila (dato Assogiocattoli).
Ma se finora a Li&Fung è convenuto concentrare la produzione soprattutto nell'area asiatica e indiana, adesso le cose stanno cambiando. Un po' perché, specie dopo l'episodio dell'incendio di una fabbrica tessile in Bangladesh, costato la vita a otto dipendenti, l'attenzione internazionale sul tema delle condizioni dei lavoratori si è alzata. E un po, come sempre, per ragioni economiche.
Secondo il New York Times Li&Fung ora sta guardando a nuovi possibili fornitori soprattutto nell'Africa sub-sahariana e in Sudamerica. Se la prima è una delle nuove frontiere del lavoro a bosso costo, per il sudamerica il discorso si fa più complesso. Il Brasile è tra le economie emergenti. Ma, ha scritto il Wall Street Journal due giorni fa, la corsa dei Brics - come prevedibile dopo un momento di grande boom - sta rallentando. E per la prima volta dalla metà del 2007, c'è un dietrofront: Giappone, Stati Uniti e pure la cara vecchia Europa contribuiscono, messi insieme, all'economia globale più delle nuove economie in espansione.
Invece per Li&Fung le cose vanno peggio: la sua vendita di prodotti low-cost ha subito un crollo nel 2012 a causa della netta diminuzione degli ordini proprio dagli Stati Uniti, da cui nel 2011 arrivava il 60 per cento dei ricavi. Nella produzione a basso costo di ciò che troviamo al supermercato, la geografia sta cambiando.
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