ParigiLa sentenza più frequente è degli stessi francesi: amo Parigi, ma non sopporto i parigini. Eppure la città più visitata al mondo - come invece amano dire gli autoctoni della Ville Lumiere - deve fare i conti con le critiche, sempre più frequenti, di chi vi si è installato. Specie ora, che Marsiglia è stata nominata capitale europea della cultura, e punta a scippare turismo e investimenti proprio alla Capitale, emerge un'immagine inedita, di Parigi. Sempre più presente, diffusa nei circoli intellettuali come nelle case ci chi la vive per lavoro o per amore; per ammirarne le luci. Ma quante ombre ha, Parigi, nel 2013?
Il quotidiano Le Figaro ha inaugurato l'anno nuovo pubblicando un'inchiesta che riguarda, per esempio, le uscite al calar del sole: una donna su tre ha paura di farlo da sola. Nella città dove si dice bonjour almeno fino alle 20, un paradosso. Dove i giovani vivono la metro come un Luna Park, non solo nel fine settimana, in cui divertirsi a parlare con dei perfetti sconosciuti e dove quasi mai l'interlocutore si sottrae a una serie di domande anche personali. Se la conversazione genera simpatia, in senso greco classico, ci vuole poi un attimo a cedere il proprio numero di cellulare. Non importa se per usarlo o meno.
Superficialità mascherata da interesse che si inserisce a pieno in quei codici, tipicamente parigini, che bisogna subito imparare a cucirsi addosso per sopravvivere. Anzi, per godersela, Parigi, o semplicemente per non essere respinti come un corpo estraneo.
Ieri, Simon Kuper, collega del Financial Times, ha riversato su carta salmonata tutta la sua stanchezza. «Dopo più d'un decennio, posso dire che, sotto la faccia ostile e altezzosa, Parigi è una città ostile e altezzosa» a tutti gli effetti. Dunque, quello che molti di noi hanno raccontato essere solo uno stereotipo del parigino snob, chiuso nei proprio circoli di amicizie, che sorride a noi soltanto per pura forma - ma in realtà ti guarda con occhio traverso appena ti volti - non è poi tanto falso. Specie tra vicini di casa, sempre discreti e distanti in apparenza, pronti in realtà a seguire ogni modifica della tua vita quotidiana. Pronti tutti a farsi un'idea. Non la saprete mai, statene certi.
Se pensate che Parigi sia la città più libera del mondo, come giurano tutti i parigini, dove in effetti puoi uscire anche in pigiama senza che nessuno si volti a guardarti, o a giudicare con lo sguardo, in una squadrata lampo, siete fuori strada. Non lo dà a vedere nessuno, ma già da quel momento siete all'Inferno. Forse già da prima, come diceva Jean-Paul Sartre, parlando degli altri nella celebre opera A porte chiuse.
Possiamo svincolarcene, a Parigi, da questo sistema? Certamente, se sappiamo vivere da soli. Di un passo falso, di una consuetudine scorretta, si può anche andare fieri, citando un'altra diffusissima massima: a Parigi ognuno pensa ai fatti propri, senza far attenzione a quelli di chi ti circonda. Falso.
Da quando il governo di François Hollande ha aumentato (due volte in 9 mesi) le tasse sui vizi, provate a chiedere una sigaretta all'uscita di un club o sulla terrazza di una brasserie, e verificate se il vostro vicino sconosciuto, che fino a quel momento vi aveva coperto di cordialità, tramuterà in azioni concrete quella che è, ed è sempre stata, pura forma. A meno che non sappiate mentire a voi stessi, a Parigi «non ci sono soluzioni, solo problemi». È stato lapidario, Kuper, in una nostra conversazione su Twitter. Dopo dieci anni ha deciso di non mentire più a se stesso.
Se decidete di andare, siate pur certi di trovare questo perfetto mix. A voi capire se vi piace o meno. Se siete in grado di convivere con tutto questo. O se, invece, Parigi non è più una buona idea.
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