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Violenti scontri a Tunisi: un morto E una donna sfida i salafiti a seno nudo

Violenti scontri a Tunisi: un morto E una donna sfida i salafiti a seno nudo

Tunisi È ormai sfida senza esclusione di colpi quella lanciata dai salafiti al governo tunisino dopo il no del ministero dell'Interno al raduno nazionale che si sarebbe dovuto tenere oggi a Kairouan, enclave della parte più dura del movimento nella Tunisia più povera. E tra scontri dal bilancio grave ma ancora incerto (un giovane salafita è rimasto ucciso alla periferia nord della Grande Tunisi), spari, assalti e sassaiole, ha fatto la sua comparsa un'inattesa protagonista: Amina Tyler, l'attivista di Femen che, a Kairouan, ha sfidato i salafiti che si erano asserragliati nella moschea Okba Ibn Nafaa - una delle più importanti dell'intera Tunisia - sfilandosi la maglietta e restando a seno nudo fino a quando alcuni agenti non l'hanno rivestita e dichiarata in arresto. Un gesto spettacolare e ben preparato, che ancora una volta ha fatto accendere i riflettori su questa controversa liceale che ha sfidato il suo Paese postando delle fotografie a seno nudo per rivendicare le conquiste delle sue connazionali e scatenando su di sè insulti e minacce.
Ma al di là della provocazione di Amina, la giornata di ieri ha fatto vivere alla Tunisia il punto più alto dello scontro che i salafiti vogliono alimentare contro uno Stato di cui non ricoscono affatto l'autorità, minacciandone gli esponenti. Il no del Ministero dell'Interno - guidato da poche settimane con pugno di ferro da Lotfi Ben Jeddou, ex magistrato anti-terrorismo e poco incline al dialogo senza il rispetto della legge - alla tenuta del raduno, che doveva portare a Kairouan almeno 40 mila salafiti, è stato forse il pretesto che gli estremisti di Ansar al Sharia cercavano da tempo per mostrare a tutti la loro capacità militare e la loro organizzazione. Una strategia che oggi si è manifestata con evidenza quando sono scoppiati contemporaneamente tumulti in tutta la Tunisia e, non certo per coincidenza, vicino alle moschee che controllano e che offrono sempre, in casi come questo, rifugio a chi attacca la polizia e poi scappa.


Ma la Tunisia ufficiale sembra avere cambiato registro e la controprova sta nel dispiegamento di forze che Ben Jeddou ha deciso, mandando nella sola Kairouan ben undicimila uomini, con molte altre migliaia tenuti nelle caserme e fatti intervenire nei punti di crisi.

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