Cultura e Spettacoli

Eterno dissidente contro tutte le oppressioni

La malattia non ha indebolito la sua forza polemica in difesa dei diritti dell’uomo

da Londra
Sempre più arroccato nella villa di Campden Hill Square nell’esclusivo quartiere di Kensington rinfacciatogli dalla sinistra puritana, Harold Pinter passa i giorni chiuso nello studio che condivide con la moglie, la biografa e storica lady Antonia Fraser, a ponderare sulla vita e sul mondo, con sempre più rabbia e sempre meno speranza. Raramente risponde al telefono, «Non ci sono - risponde la sua voce registrata quando era ancora forte e imperiosa - lasciate un messaggio». Pinter è sempre stato in disparte, non ha mai amato la côtérie mondana, pago della caotica presenza dei molti figli di primo letto di Antonia, pago di gravitare nel circolo della famiglia di lei, il circolo dei Pakenham e dei Longford, aristocratici cattolici di sinistra, artisti e intellettuali, eccentrici.
Harold riservava la sua amicizia a pochi esseri stimati: al suo maestro di scuola negli anni dell’indigenza infantile nella comunità ebraica di Hackney, al commediografo Michael Fryan, e soprattutto a Simon Grey, autore di molte pièce di cui Pinter curava la regia, l’ultima due anni fa, Old Masters, su Berenson e il problema dell’attribuzione di un’opera d’arte. Per anni frequentava con affetto i pranzi e le serate di Laura del Bono, la madrina del suo successo in Italia, l’agente teatrale ora scomparsa che tanto fece per il teatro italiano in Inghilterra e per quello inglese da noi. Al di fuori di questi happy few il suo salotto era un luogo di incontro di dissidenti, di dibattito politico contro gli abusi e le oppressioni, a difesa dei diritti umani e civili, della libertà di parola: Pinter come altri scrittori anglosassoni ha sempre sostenuto il Pen Club destinando una percentuale delle sue royalties a favore del Comitato per gli scrittori imprigionati.
Il tempo che usiamo è l’imperfetto perchè ultimamente Pinter si è ritirato da quasi tutto. Il male che l’ha colpito alla gola tre anni fa l’ha indebolito e l’ha fatto riflettere sulla morte, senza tuttavia farlo smettere di lavorare perché, come disse una volta, «quando non scrivo mi sento bandito dalla vita, continuerò a scrivere fino alla fine dei miei giorni». Per i suoi 75 anni, compiuti lunedì, ha preparato un brano radiofonico, Voices, una rielaborazione raccontata e musicata dei suoi pezzi brevi più politici, sulla crudeltà , la tortura e l’oppressione, recitata con voce ancora straordinaria.
Emaciato e fragile, oggi Pinter rimane sempre ferocemente anti-establishment (rifiutò il titolo di baronetto proposto nel ’96 dal governo conservatore di John Major) pur amando a oltranza il gioco del cricket per i valori inglesi che rappresenta e ancora profondamente antiamericano. Oggi scrive poesie spietate del tipo: «Non ci sono più parole da dire / sono rimaste solo delle bombe / che esplodono dalla nostra testa». Bush e Blair esprimono il peggio della condizione umana, ha detto. Eppure c’è del pariottismo in lui, anche se non politico.

Ed è l’amore per la campagna inglese, «la più bella campagna del mondo, che incarna gli antichi valori inglesi della correttezza, tolleranza, giustizia e senso comune, che si vanno via via erodendo».

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