"Europa", il quotidiano democratico che ci costa cinque euro a copia

Il giornale dell’ex Margherita riceve 3,5 milioni di soldi pubblici all’anno e vende neppure 3mila copie al giorno. Conti disastrosi: buco di quasi 5 milioni, debiti anche con gli enti previdenziali

"Europa", il quotidiano democratico che ci costa cinque euro a copia

Spendereste quasi cinque euro per una copia di Europa, il giornale della Margherita? No? Invece già lo fate, e non lo sapete. E vi spieghiamo perché. Anche per i giornali di partito è tempo di bilanci, e giovedì il quotidiano della Margherita ha pubblicato i conti (in rosso) dell’esercizio 2008. A sbirciare sui freddi numeri si capisce pochino. Ad analizzare bene, facendo due conticini, ci si rende conto che grazie ai generosi contributi pubblici per l’editoria che ogni anno il governo elargisce a tutti i fogli «politici» ogni copia di quel giornale costa allo Stato (e quindi agli italiani) circa 4,60 euro (più il costo del quotidiano - per chi lo compra...). Più di un pacchetto di sigarette. Se si guarda alla voce «Entrate», infatti, è questa la voce principale: «Provvidenze editoria maturate nel 2008 in base ai parametri della legge 250 del 7 agosto 1990». In soldoni, 3.527.000 euro. L’altra voce «Ricavi dalle vendite», Iva compresa, è pari a 767.860 euro. Se dividiamo questo importo per «258 giorni di uscita» del giornale in edicola (5 giorni a settimana per 51 settimane e tre giorni) il dato delle vendite reali è pari a 2.976 copie medie al giorno. Un po’ pochine per un giornale di partito, anche se una serie di uscite straordinarie in occasioni di appuntamenti politici del Pd tra luglio e ottobre 2008, stando a chi ha redatto il bilancio, avrebbero «incrementato la visibilità della testata e confermato l’esistenza di un bacino di lettori che ci segue assiduamente». Ma se dividiamo i 3,5 milioni di soldi pubblici per i 310 giorni di uscita in edicola, avremmo un incasso giornaliero di 13.670,5 euro. Che divise le 2.976 copie vendute al giorno fa proprio 4,6 euro.
A che cosa servono questi 4,6 euro a copia al giorno? A pagare (si legge dal bilancio) 22 giornalisti, tra i quali «1 direttore responsabile, 1 condirettore e 3 vicedirettori, 4 impiegati e 2 capiredattori, 1 capo servizio, 2 vicecapiservizio, 9 redattori ordinari, 2 redattori con meno di 30 mesi di anzianità e 1 collaboratore», mentre 3 giornalisti risultano in «aspettativa non retribuita». Una redazione abbastanza «folta» visto il numero di pagine e le copie, che ogni anno si porta a casa 1,508 milioni di euro tra stipendio e contributi. Ma nonostante il finanziamento pubblico, il bilancio ancora soffre: è indebitato di oltre 4,9 milioni di euro, circa 50mila euro in meno dell’anno scorso. Circa 3,9 milioni li ha messi il partito La Margherita, in attesa dei contributi pubblici (che sono già arrivati, peraltro) comprensivi di interessi. Gli altri spettano a fornitori (408.747 euro), fisco (65.009) e soprattutto agli istituti previdenziali Inpgi, Casagit, Inps e Inail, Fondo casella (per i tipografi), Assicurazioni Generali per il Tfr e Fondo di previdenza complementare dei giornalisti, per un totale di 81.395 euro. Europa deve anche 66mila euro circa ai collaboratori, altri 93mila euro circa al personale e agli istituti previdenziali «per la valorizzazione delle indennità redazionali e delle ferie maturate e non godute», altri 258mila euro alla società che distribuisce il quotidiano in edicola più altri 60mila di debiti vari.
Nonostante i conti in rosso il direttore di Europa, Stefano Menichini, si batte strenuamente per la sua esistenza in edicola e ancora nei giorni scorsi ha lanciato un appello al Pd perché continui a sovvenzionarlo. Tra i suoi memorabili editoriali va segnalato quello uscito il 15 marzo 2007 sul caso Sircana, dal titolo «Belpietro, che schifo», in cui accusava l’ex direttore del Giornale di «puzzare di spazzatura» e di essere «la vergogna del giornalismo», mentre marchiava i cronisti del Giornale come «iene dattilografe».

Sul giornale di ieri, stesse accuse al nostro giornale e stessa parola, «spazzatura». La conferma di uno stile sobrio, nonostante i conti in rosso, che gli vale «l’adeguamento della retribuzione» e una conferma fino al 31 dicembre 2010.
felice.manti@ilgiornale.it

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