Le ex colonie fasciste preda dei vandali ritorneranno a vivere

C’è un progetto per dare nuova vita alle ex colonie abbandonate, pregevoli esempi di architettura razionalista, costruite nell’epoca fascista. Nasce dalla buona volontà di un gruppo di persone, che hanno abbracciato l’idea di Tamara Garaventa, il piano di rilancio di quattro ex colonie, la colonia Fara, di Chiavari, e quelle montane di Rovegno, di Monte Maggio e Renesso nel Comune di Savignone. Il team è composto dai sindaci dei Comuni interessati (solo quello di Chiavari non ha riposto all’appello), da architetti esperti di razionalismo, da ingegneri, da un fotografo inglese che ha fatto un reportage in Italia sulle colonie fasciste abbandonate da docenti della facoltà di Architettura dell’Università di Genova, e da alcuni rappresentanti di Regione e Provincia.
«Attualmente tutte e quattro le ex colonie versano in stato di abbandono - spiega l’architetto Riccardo Forte che insieme al collega Massimo Bottini, curerà in particolare il caso Fara -, fatta eccezione per la colonia Renesso di Savignone che è affidata agli scout, le altre sono preda di vandali e presentano una situazione allarmante».
In particolare la prima tappa del progetto si propone di individuare le cause dell’abbandono e di organizzare una prima fase di messa in sicurezza. In seguito gli edifici verranno liberati dagli arredi originari che in alcuni casi esistono ancora e poi sarà proprio il team guidato da Tamara Garaventa a stabilire come potrà essere il futuro di questi edifici.
«Noi crediamo che non vada praticata una soluzione che preveda soluzioni residenziali, né che si debbano trasformare le ex colonie in strutture ricettive, ma che si debba rispettare il carattere pubblico della loro funzione originaria», racconta ancora l’architetto Forte. Il processo di trasformazione che non potrà ragionevolmente essere breve, prevede dunque anche un notevole sforzo culturale.

«Chiederemo anche l’aiuto del direttore del carcere di Marassi - anticipa Tamara Garaventa -, pensiamo a una serie di lavori socialmente utili che potrebbero vedere coinvolti alcuni detenuti che potrebbero essere impegnati in questo progetto di recupero».

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