Daniel Mosseri
Berlino
I l prezzo base era 125mila euro e il martelletto si è fermato poco sopra, a 140mila euro. Domenica scorsa la casa d'aste berlinese Karhausen ha assegnato a un acquirente rimasto anonimo Alwine, minuscolo villaggio del Brandeburgo, 115 chilometri a sud di Berlino. Dodici case, alcuni garage e capanni, Alwine è stata venduta assieme ai suoi quindici abitanti. Dei quindici alwinesi, solo due lavorano: gli altri sono pensionati. Un rapporto che dà l'idea della situazione del borgo: declino avanzato. La speranza, come fatto trapelare da un portavoce di Karhausen alla stampa, è che il misterioso acquirente voglia adesso investire su Alwine, dando nuove prospettive ai suoi abitanti.
Il villaggio, da parte sua, non è provo di storia: tragica e notevole, come spesso capita alle porte di Berlino, e legata agli eventi della Seconda guerra mondiale. Negli anni subito prima del conflitto, i dintorni di Alwine erano adibiti alle attività di formazione della gioventù hitleriana. Dopo il 1939, nella zona vennero incarcerati alcuni prigionieri di guerra. Con la sconfitta del Terzo Reich, la sorte di Alwine mutò, rimanendo tuttavia nel segno della dittatura. Il borgo passò alla Germania est che fece sua l'unica fonte di lavoro e reddito: una fabbrica, fra le più antiche d'Europa, di mattonelle di carbone. Nel 1991, tuttavia, la Brikettfabrik a gestione Ddr fallì come tante altre imprese socialiste travolte dai più moderni e sofisticati prodotti dell'ovest. Allora il villaggio aveva 50 abitanti.
Un barlume di speranza per le sorti del borgo era giunto nel 2000, quando due fratelli imprenditori rilevarono l'intero insediamento per un simbolico marco tedesco. «Ma i due probabilmente non hanno mai letto l'atto di acquisto con gli obblighi di investimento prescritti, limitandosi a incassare gli affitti», si è lamentato con la stampa internazionale Andreas Claus, sindaco di Uebigau-Wahrenbrück (il comune di cui Alwine è una frazione). È stata la morte di uno dei due fratelli a spingere l'altro a rimettere sul mercato l'acquisto compiuto 17 anni prima. Travolti da un'improvvisa ondata di notorietà, i rappresentanti istituzionali del circondario hanno chiesto ai nuovi acquirenti di chiarire cosa intendono fare per gli abitanti, in ansia per la loro sorte alla vigilia di Natale. «Le persone delle zone economicamente depresse si sentono abbandonate ai loro problemi», ha spiegato Claus.
Eppure la notizia della vendita del borgo sembra aver sorpreso più gli stranieri dei tedeschi. Se con i suoi 15 abitanti Alwine è un caso limite, la sua storia è ben rappresentativa di un fenomeno noto in Germania: lo spopolamento delle regioni orientali. «Negli anni Novanta c'è stato un esodo dall'est all'ovest per ragioni economiche. Il fenomeno è proseguito per la prima parte del millennio, rallentando sensibilmente attorno al 2010», spiega al Giornale Susanne Dähner, geografa dell'Istituto di Berlino per la Popolazione e lo Sviluppo. «Nel corso degli ultimi 27 anni, si sono spostate verso ovest 1,8 milioni di persone su una popolazione di 16 milioni». Da qualche anno il deflusso verso i distretti più produttivi della Germania è terminato. Cionondimeno, «in molti continuano ad abbandonare le campagne per studiare e cercare lavoro nelle principali città dell'est». Come Berlino, Dresda o Lipsia.
Borghi svuotati come il brandeburghese Alwine si trovano ovunque a est, dal settentrionale Meclemburgo fino alla più meridionale Sassonia. «Solo le campagne intorno alle città vivono ancora, le altre sono sempre più disabitate», riprende Dähner. E poiché sono i giovani a partire, in un circolo vizioso tanti distretti dell'est sono destinati a restare senza bambini. Il che porta alla chiusura delle scuole e poi a ricaduta, dei servizi di trasporto locale, fino agli acquedotti e gli ospedali. Diventati antieconomici, servizi ritenuti fino a ieri essenziali vengono ridotti al lumicino o del tutto aboliti. Il che rende la vita di chi resta due volte più dura: a subire i tagli sono i primi luogo gli anziani, categoria più esposta e bisognosa; la sorte beffarda ha poi voluto che questi stessi anziani siano persone nate e cresciute per due terzi della loro esistenza sotto il regime socialista, che ti privava della libertà ma ti curava «dalla culla alla tomba».
Da scienziata, Dähner non giudica il fenomeno migrazione «è un fatto», dice ma riconosce che nelle regioni diventate oggi spopolate «gli abitanti devono darsi da fare per aiutarsi l'un l'altro», ricreando con spirito autoimprenditoriale quello che le istituzioni non passano più. Queste, dal canto loro, possono tentare di frenare il fenomeno o di contenerne gli effetti perniciosi con due strumenti: la leva fiscale, incentivando chi resta, e quella digitale, permettendo a chi non è partito di fruire di servizi di telescuola o telemedicina.
Originario di Dresda, ma già residente a Monaco e oggi berlinese, anche Leopold Grün ha lasciato l'est per l'ovest. Da cineasta tuttavia, Grün ha testimoniato l'abbandono delle campagne. «Alla fine della via lattea» («Am Ende der Milchstrasse») è il documentario che Grün ha girato assieme a Dirk Uhlig dopo tre anni di ricerche. Case vecchie, strutture fatiscenti e campi abbandonati dove invece dei trattori passano veloci i caprioli fanno da sfondo alle interviste condotte dai due registi a tanti contadini che vivono ormai di sussistenza. «Il villaggio dove ho girato il mio film è nel cuore della Germania, eppure la desolazione è tale che sembra di essere in qualche zona remota dell'Ucraina», dice al Giornale. Il regista non nomina il paese protagonista del suo documentario: «Ce ne sono tanti così in Germania, nell'est europeo ma anche al sud. Il mio villaggio è solo un simbolo». Il simbolo di un tempo che sembra andare a ritroso mentre l'attualità politica incalza.
Nel comune di Uebigau-Wahrenbrück alle elezioni dello scorso 24 settembre, un elettore su quattro ha scelto i populisti
di Alternative für Deutschland per protesta contro l'abbandono. Come ha scritto il berlinese Morgenpost «ad Alwine, il furgoncino del macellaio non si vede da tempo mentre il 578 che porta a Bad Liebenwerda non ferma più».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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