Una Moratti sorridente, spigliata, con la risposta pronta quella di ieri sera ospite a «Che tempo che fa», la trasmissione condotta da Fabio Fazio. Look aggressivo - giacca di pelle, camicetta di seta bianca - e lingua sciolta. Capace allo stesso tempo di abbandonarsi a momenti amarcord, come quando parla della Rai: «Mi piace tornare in Rai, la sento sempre come casa mia, in fondo è stato un periodo importante della mia vita». Era più difficile gestire la Rai o, adesso, Expo sotto l’influenza dei partiti? «Era più facile stare al governo. Posso dire - risponde - che c’era meno influenza politica facendo il ministro».
A proposito di Expo, Fazio formula la domanda che tanti italiani si stanno facendo ormai da mesi: «Si farà?». La Moratti sfodera il suo miglior sorriso, ride sicura: «Si farà, si farà, il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia hanno confermato l’impegno. Si tratterà di farlo bene. Vede - spiega -, io sono un’ottimista: sono arrivati 8,5 miliardi di euro, ne mancano 2,5». Ma Expo, sembra voler dire il sindaco, non equivale solo a soldi, importante è anche l’idea di ripensare Milano, «con più verde, con una migliore qualità della vita, con nuove professioni, 70mila nuovi posti di lavoro, valorizzando le bellezze cittadine». Ecco come il sindaco conta di attirare ben 30 milioni di persone: «Faremo delle cose bellissime, avremo 7mila eventi, culturali e sportivi di portata mondiale».
E qui la lady di ferro non si fa scappare l’occasione per togliersi un sassolino dalla scarpa: «Stiamo facendo già moltissimo, stiamo già stringendo accordi con Paesi e città del mondo, ma i media si divertono solo a parlare di chi farà l’amministratore delegato. L’impressione è che quando ci sono queste grandi occasioni si parli più di chi gestisce i soldi» rilancia.
Ma che bisogno c’era di fare dei grattacieli, le orride torri dell’impotenza... - come ha detto il premier -, uno è storto...
Ride imbarazzata, poi riparte alla carica: «Ognuno può pensare quello che vuole, intanto è un progetto che abbiamo ereditato, non farlo avrebbe significato pagare una penale. Non è un brutto, gli architetti si sono ispirati a un progetto che Leonardo aveva fatto per la cupola del Duomo. E poi le cose nuove non hanno mai critiche positive, basta pensare a Picasso».
Critiche, comitati cittadini, proteste dominano nella Milano delle grandi trasformazioni. La domanda sorge spontanea: l’amministratore riesce a fare qualcosa di tangibile? «Diciamo che dipende da cosa si intende per amministrare: se si parla di poteri speciali, si tratta di trovare un equilibrio, in questo senso i percorsi sono lunghi, ma il federalismo fiscale aiuterà ad accorciare. Anche se penso che sia giusta la condivisione e il confronto con la città, a rischio di perdere tempo, io non sono per la dittatura». Le ronde? «Non sono per la giustizia fai da te, capisco che le istituzioni devono dare risposte come certezza della pena e leggi più severe. Io non sono per le ronde dei cittadini, ma qui parliamo di associazioni autorizzate. Milano ha già fatto esperimenti di questo tipo, come gli ex poliziotti, i City Angels».
Pentita di aver mandato via Sgarbi? «Assolutamente no - e qui la Moratti gioca in casa - pensavo che potesse portare grandi mostre, come Arcimboldo ma lui era orientato su altro.
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