Conosco da tanti anni il Card. Gianfranco Ravasi, che non è solo un importante biblista e un fine letterato, ma anche un uomo dalla vista intellettuale molto lunga, con un dono speciale nel saper cogliere i segni dei tempi. Ravasi ha letto, nell’ormai quasi secolare distanza tra gli artisti e la Chiesa, un segno di stanchezza. È ora di tornare a parlarsi, a litigare, ad abbracciarsi.
Così, nel novembre del 2009 Ravasi diede vita al celebre incontro del Papa con trecento artisti provenienti da tutto il mondo. E, continuando l'opera iniziata, in occasione del sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI, ha chiesto a sessanta artisti di tutto il mondo di regalare una propria opera al Papa. Il risultato è una mostra allestita nell’atrio della sala «Paolo VI» dal titolo Lo splendore della verità, la bellezza della carità.
Tra i sessanta ho avuto la fortuna di esserci anch’io. Devo perciò ringraziare il Card. Ravasi per questo, che è il più bel dono che io abbia mai ricevuto. Il protocollo dell'incontro prevedeva, infatti, un brevissimo incontro personale del Santo Padre con ogni artista. Mai avrei immaginato che questa cosa potesse accadere a me.
Fiammeggiante la mattina, grigia e afosa di pomeriggio, Roma è comunque splendida.
Tra guardie svizzere, prelati e conducenti di auto blu gli artisti si intravedono, si salutano, si parlano oppure si evitano come in tutte le altre occasioni, e niente sembra presagire qualcosa di speciale. Molti hanno la faccia che dice abbiamo già dato, ma forse è solo un'impressione. È però un fatto che non a tutti è chiaro quello che, viceversa, è chiaro nella mente del Card. Ravasi e, soprattutto, del Papa.
L'arrivo del Pontefice è previsto per le dieci e mezza del mattino, invece sono sorti dei problemi e dovrà ritardare più di un'ora. Sembra che la causa sia la scomunica comminata a un vescovo cinese: problemi ben più gravi dell’incontro con qualche artista.
Ma il Papa teneva molto a questo incontro, e così si è presentato con semplicità, accolto da un primo applauso nel quale serpeggiava un filo di smarrimento: cominciavamo a renderci conto di quello che stava accadendo.
Il compositore Arvo Pärt ha presentato un commovente Padre Nostro in tedesco, composto per l'occasione. Poi il Papa ha preso la parola. Parole semplici, come queste: «Il mondo in cui viviamo ha bisogno che la verità risplenda e non sia offuscata dalla menzogna o dalla banalità; ha bisogno che la carità infiammi e non sia sopraffatta dall'orgoglio e dall'egoismo. Abbiamo bisogno che la bellezza della verità e della carità colpisca l'intimo del nostro cuore e lo renda più umano».
La richiesta è di non disgiungere mai la bellezza dalla verità e dalla carità. È necessario che la bellezza nasca dal cuore delle cose, dal cuore della materia, della carne.
Il fotografo Mimmo Iodice mi prende per un braccio. «Vedi - mi fa - noi siamo cresciuti con l'idea che l'arte fosse provocazione, trasgressione e quant’altro. Ma nessuno ha mai cominciato a fare l'artista per questo». Si comincia per il fascino della bellezza.
Ma il cammino di ogni artista in quest'avventura si è compiuto personalmente, con il breve colloquio che ciascuno di noi ha potuto avere con il Papa. Quella che all'inizio sembrava un'occasione simile a tante altre si trasforma in un vis-à-vis di cui non possiamo fare nessuna cronaca.
La sola cosa che posso testimoniare riguarda il volto di quest'uomo anziano: un volto che, nonostante le mille fatiche del pontificato, appare ogni giorno più splendente. Una pace sconfinata illumina quel viso e quegli occhi. È la stessa faccia che conobbi nel lontano 1985, nel corso di un convegno, eppure è anche una faccia diversa. Non sono solo gli anni: è una bellezza lucente che emerge, se così posso dire, dal fondo degli anni, della fatica, dei mille dolori del corpo e dello spirito. È la fede, intesa come la carne stessa della vita. Per ciascuno di noi c’è stato l'incontro con quel volto, con quello sguardo. Guardandolo, mi sono rivisto ragazzo, quando dopo due anni di lontananza dalla Chiesa mi ero riavvicinato, e tutto a causa di una ragazza che forse mi piaceva e forse no (e alla quale io non piacevo di certo).
Senza quella ragazza, di cui non ricordavo più nemmeno il viso, non sarei stato qui, adesso.Per il resto, poco importa se qualcuno dirà che le opere esposte non erano all'altezza. Vorrà dire che, se non noi, qualcuno ne farà di migliori. L'importante è che questo filo non si rompa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.